Semiramide, Torino, Reale, 1757, II

 SCENA V
 
 TAMIRI, MIRTEO ed IRCANO
 
 TAMIRI
 Più che ad ogn'altro spiace
 la dimora a Scitalce; ei pensa e tace.
 IRCANO
 Non curar di quel folle;
175godi di tua ventura
 che l'amor t'assicura oggi d'Ircano.
 Non rispondi? Ne temi? Ecco la mano.
 MIRTEO
 Che fai? Non ti rammenti
 il comando reale?
 IRCANO
                                   E il re qual dritto
180ha di frapporre ai miei cortesi affetti
 o limiti o dimore?
 TAMIRI
 Che? Tu conosci amore? Il tuo piacere
 è domar combattendo uomini e fere.
 IRCANO
 È ver; ma il tuo sembiante
185non mi spiace però; godo in mirarti;
 e curioso il guardo
 più dell'usato intorno a te s'arresta.
 TAMIRI
 Gran sorte inver del mio sembiante è questa!
 
    Che quel cor, quel ciglio altero
190senta amor, goda in mirarmi
 non lo credo, non lo spero.
 Tu vuoi farmi insuperbir.
 
    O pretendi, allor che torni
 ai selvaggi tuoi soggiorni,
195rammentar così per gioco
 l'amoroso mio martir. (Parte)