Semiramide, Torino, Reale, 1757, II

 SCENA II
 
 SEMIRAMIDE, TAMIRI, MIRTEO, SCITALCE, seguiti da paggi e cavalieri, e detti
 
 SEMIRAMIDE
                      Ecco, o Tamiri,
455dove gli altrui sospiri
 attendono da te premio e mercede.
 (Io tremo e fingo).
 TAMIRI
                                     Ogni misura eccede
 la real pompa.
 MIRTEO
                             E nella reggia assira
 non s'introdusse mai
460con più fasto il piacere.
 SEMIRAMIDE
                                             Al nuovo sposo (A Scitalce)
 io preparai la fortunata stanza,
 pegno dell'amor mio.
 SCITALCE
                                          (Finge costanza).
 Ah se quello foss'io,
 chi più di me saria felice?
 SEMIRAMIDE
                                                  (Ingrato!)
 IRCANO
465Come mai del tuo fato (A Scitalce)
 puoi dubitar? Saggia è Tamiri e vede
 che il più degno tu sei.
 MIRTEO
                                            Che ascolto! Ircano,
 chi mai ti rese umano?
 Dov'è il tuo foco e l'impeto natio?
 IRCANO
470Comincio, amico, ad erudirmi anch'io.
 TAMIRI
 Così mi piaci.
 MIRTEO
                             E molto.
 SCITALCE
                                               Io non intendo (A Tamiri e a Semiramide)
 se da senno o per gioco
 parla così.
 IRCANO
                      (M'intenderai fra poco).
 SEMIRAMIDE
 Più non si tardi. Ognuno
475la mensa onori e intanto
 misto risuoni a liete danze il canto. (Dopo seduta nel mezzo Semiramide siedono alla destra di lei Tamiri e poi Scitalce, alla sinistra Mirteo, poi Ircano. Sibari è in piedi appresso Ircano)
 CORO
 
    Il piacer, la gioia scenda,
 fidi sposi, al vostro cor;
 
    Imeneo la face accenda,
480la sua face accenda Amor.
 
 PARTE DEL CORO
 
    Fredda cura, atro sospetto
 non vi turbi e non v'offenda
 e d'intorno al regio letto
 con purissimo splendor...
 
 CORO
 
485   Imeneo la face accenda,
 la sua face accenda Amor.
 
 PARTE DEL CORO
 
    Sorga poi prole felice
 che ne' pregi ugual si renda
 alla bella genitrice,
490all'invitto genitor.
 
 CORO
 
    Imeneo la face accenda,
 la sua face accenda Amor.
 
 PARTE DEL CORO
 
    E se fia che amico nume
 lunga età non vi contenda,
495a scaldar le fredde piume,
 a destarne il primo ardor...
 
 CORO
 
    Imeneo la face accenda,
 la sua face accenda Amor.
 
 SEMIRAMIDE
 In lucido cristallo aureo liquore,
500Sibari, a me si rechi.
 SIBARI
                                         (Ardir mio core). (Va a prender la tazza e vi pone destramente il veleno)
 IRCANO
 (Il colpo è già vicino).
 SEMIRAMIDE
                                          (Oh dio! S'appressa
 il momento funesto).
 TAMIRI
 (Che gioia!)
 SCITALCE
                          (Che sarà?)
 MIRTEO
                                                  (Che punto è questo!)
 SIBARI
 Compito è il cenno. (Posa la sottocoppa con la tazza avanti a Semiramide e va a lato d’Ircano)
 SEMIRAMIDE
                                       Or prendi,
505Tamiri, e scegli. Il sospirato dono (Dà la tazza a Tamiri)
 presenta a chi ti piace;
 e goda quegli il grande acquisto in pace.
 TAMIRI
 Principi, il dubbio, in cui finor m'involse
 l'uguaglianza de' merti,
510discioglie il genio e non offende alcuno,
 se al talamo ed al trono
 l'uno o l'altro solleva.
 Ecco lo sposo e il re; Scitalce beva. (Posa la tazza avanti a Scitalce)
 SEMIRAMIDE
 (Io lo previdi).
 MIRTEO
                              (Oh sorte!)
 SCITALCE
515(Ah qual impegno!)
 SIBARI
                                       (Or s'avvicina a morte).
 IRCANO
 Via, Scitalce, che tardi? Il re tu sei.
 SCITALCE
 (E deggio in faccia a lei
 annodarmi a Tamiri?)
 TAMIRI
 Egli è dubbioso ancora. (A Semiramide)
 SEMIRAMIDE
520Alfin risolvi.
 SCITALCE
                          E Nino
 lo comanda a Scitalce?
 SEMIRAMIDE
                                            Io non comando;
 fa' il tuo dover.
 SCITALCE
                               Sì, lo farò. (L'ingrata
 si punisca così). D'ogni altro amore
 mi scordo in questo punto... Ah non ho core. (Volendo bere e poi si arresta)
525Porgi a più degno oggetto
 il dono, o principessa; io non l'accetto. (Posa la tazza)
 TAMIRI
 Come!
 SIBARI
                (Oh sventura!)
 IRCANO
                                              E lei ricusi allora
 che al regno ti destina? (A Scitalce)
 Non s'offende in tal guisa una regina.
 SEMIRAMIDE
530Qual cura hai tu, se accetta
 o se rifiuta il dono? (Ad Ircano)
 MIRTEO
 Lascialo in pace.
 IRCANO
                                 Io sono (A Semiramide)
 difensor di Tamiri. E tu non devi (A Scitalce)
 la tazza ricusar; prendila e bevi.
 TAMIRI
535Principe, invan ti sdegni; ei col rifiuto (Ad Ircano)
 non me, sé stesso offende
 e al demerito suo giustizia rende.
 IRCANO
 No no, voglio ch'ei beva.
 TAMIRI
                                               Eh taci. Intanto
 per degno premio al tuo cortese ardire
540l'offerta di mia mano
 ricevi tu con più giustizia, Ircano. (In atto di dare la tazza ad Ircano)
 IRCANO
 Io!
 TAMIRI
         Sì; con questo dono
 te destino al mio trono, all'amor mio.
 IRCANO
 Sibari, che farò? (Piano a Sibari)
 SIBARI
                                  Mi perdo anch'io. (Piano ad Ircano)
 TAMIRI
545Perché taci così? Forse tu ancora
 vuoi ricusarmi?
 IRCANO
                                No, non ti ricuso.
 T'amo... Vorrei... Ma temo... (Io son confuso).
 SEMIRAMIDE
 Principe, tu non devi
 un momento pensar; prendila e bevi.
550Troppo il rispetto offendi
 a Tamiri dovuto.
 MIRTEO
 Ma parla.
 TAMIRI
                     Ma risolvi.
 IRCANO
                                           Ho risoluto. (S’alza e prende la tazza)
 Vada la tazza a terra. (Getta la tazza)
 SCITALCE
 E qual furore insano...
 IRCANO
555Così riceve un tuo rifiuto Ircano.
 TAMIRI
 Dunque ridotta io sono
 a mendicar chi le mie nozze accetti?
 Dunque per oltraggiarmi
 in Assiria veniste? Il mio sembiante
560è deforme a tal segno
 che a farlo tollerar non basta un regno?
 SEMIRAMIDE
 È giusta l'ira tua.
 MIRTEO
                                  Dell'amor mio
 dovresti, o principessa...
 TAMIRI
                                               Alcun d'amore (S’alza e seco tutti)
 più non mi parli. Io sono offesa e voglio
565punito l'offensor. Scitalce mora.
 Ei col primo rifiuto
 il mio dono avvilì. Chi sua mi brama
 a lui trafigga il petto;
 venga tinto di sangue ed io l'accetto.
 
570   Tu mi disprezzi, ingrato, (A Scitalce)
 ma non andarne altero;
 trema d'aver mirato,
 superbo, il mio rossor.
 
    Chi vuol di me l'impero
575passi quel core indegno.
 Voglio che sia lo sdegno
 foriero dell'amor. (Parte)