Semiramide, Parigi, Hérissant, 1780

 SCENA ULTIMA
 
 MIRTEO, SCITALCE, poi TAMIRI, e detti
 
 MIRTEO
 (Al traditore in faccia il sangue io sento
 agitar nelle vene). (Guardando Scitalce)
 SCITALCE
                                     (Io sento il core
1130agitarsi nel petto in faccia a lei). (Guardando Semiramide)
 SEMIRAMIDE
 (Spettacolo funesto agli occhi miei!) (Due capitani delle guardie presentano l’arme a Scitalce ed a Mirteo e si ritirano appresso i cancelli. Mentre Mirteo e Scitalce si muovono per combattere, esce frettolosa Tamiri)
 TAMIRI
 Ah fermati, Mirteo. Sai ch'io non voglio
 più vendetta da te.
 MIRTEO
                                     Vendico i miei,
 non i tuoi torti. È un traditor costui;
1135mentisce il nome; egli s'appella Idreno;
 egli la mia germana
 dall'Egitto rapì.
 SIBARI
                                (Stelle, che fia!)
 SCITALCE
 Saprò, qualunque io sia...
 SEMIRAMIDE
                                                 Mirteo, t'inganni.
 MIRTEO
 Nella reggia d'Egitto
1140Sibari lo conobbe; egli l'afferma.
 SIBARI
 (Aimè!)
 SCITALCE
                   Che! Mi tradisci, (A Sibari)
 perfido amico? È ver, mi finsi Idreno;
 è ver, la tua germana
 là del Nilo alle sponde
1145rapii, trafissi e la gittai nell'onde.
 MIRTEO
 Empio! Inumano!
 SCITALCE
                                    In questo foglio vedi (Cava il foglio)
 s'ella fu, s'io son reo;
 Sibari lo vergò; leggi, Mirteo. (Lo dà a Mirteo)
 SIBARI
 (Tremo).
 SEMIRAMIDE
                    (Che foglio è quello?)
 MIRTEO
                                                             «Amico Idreno, (Legge)
1150ad altro amante in seno
 Semiramide tua porti tu stesso.
 L'insidia è al Nilo appresso. Ella, che brama
 solo esporti al periglio
 di doverla rapir, ti finge amore;
1155fugge con te ma col disegno infame
 di privarti di vita
 e poi trovarsi unita
 a quello a cui la stringe il genio antico.
 Vivi. Ha di te pietà Sibari amico».
 SEMIRAMIDE
1160(Stelle, che inganno orrendo!)
 MIRTEO
 Sibari, io non t'intendo. In questo foglio
 sei di Scitalce amico; e pur poc'anzi
 da me, lo sai, tu lo volevi oppresso.
 Come amico e nemico
1165di Scitalce esser può Sibari istesso?
 SIBARI
 Allor... (Mi perdo). Io non credea... Parlai...
 MIRTEO
 Perfido, ti confondi! Ah Nino, è questi
 un traditor; da' labbri suoi si tragga
 a forza il ver.
 SEMIRAMIDE
                           (Se qui a parlar l'astringo,
1170al popolo ei mi scopre). In chiuso loco
 costui si porti; e sarà mia la cura
 che tutto ei sveli.
 SIBARI
                                  A che portarmi altrove?
 Qui parlerò.
 SEMIRAMIDE
                          No, vanne; i detti tuoi
 solo ascoltar vogl'io.
 SCITALCE
1175Perché?
 MIRTEO
                  Resti.
 IRCANO
                               Si senta.
 SIBARI
                                                 Udite.
 SEMIRAMIDE
                                                               (Oh dio!)
 SIBARI
 Semiramide amai; lo tacqui. Intesi
 l'amor suo con Scitalce; a lei concessi
 agio a fuggir. Quanto quel foglio afferma
 finsi per farla mia.
 SCITALCE
                                     Fingesti! Io vidi
1180pure il rival; vidi gli armati.
 SIBARI
                                                      Io fui
 che, mal noto fra l'ombre,
 sul Nilo v'attendea. Volli assalirti
 vedendoti con lei
 ma fra l'ombre in un tratto io vi perdei.
 SCITALCE
1185Ah perfido! (Che feci!)
 SIBARI
                                             Udite; ancora
 molto mi resta a dir.
 SEMIRAMIDE
                                        Sibari, basta.
 IRCANO
 No; pria si chiami autore
 de' falli apposti a me.
 SIBARI
                                          Tutti son miei.
 SEMIRAMIDE
 Basta, non più.
 SIBARI
                               No, non mi basta.
 SEMIRAMIDE
                                                                 (Oh dei!)
 SIBARI
1190Già che perduto io sono,
 altri lieto non sia. Popoli, a voi
 scopro un inganno; aprite i lumi; ingombra
 una femmina imbelle il vostro impero...
 SEMIRAMIDE
 Taci. (È tempo d'ardir). Popoli, è vero; (S’alza in piedi sul trono)
1195Semiramide io son. Del figlio invece
 regnai finor ma per giovarvi. Io tolsi
 del regno il freno ad una destra imbelle,
 non atta a moderarlo; io vi difesi
 dal nemico furor; d'eccelse mura
1200Babilonia adornai;
 coll'armi io dilatai
 i regni dell'Assiria. Assiria istessa
 dica per me se mi provò finora
 sotto spoglia fallace
1205ardita in guerra e moderata in pace.
 Se sdegnate ubbidirmi, ecco depongo
 il serto mio. (Depone la corona sul trono) Non è lontano il figlio;
 dalla reggia vicina
 porti sul trono il piè.
 CORO
 
1210   Viva lieta e sia regina
 chi finor fu nostro re. (Semiramide si ripone in capo la corona)
 
 MIRTEO
 Ah germana!
 SEMIRAMIDE
                           Ah Mirteo! (Scende dal trono ed abbraccia Mirteo)
 SCITALCE
                                                  Perdono, o cara;
 son reo... (S’inginocchia)
 SEMIRAMIDE
                     Sorgi e t'assolva
 della mia destra il dono. (Porge la mano a Scitalce)
 SCITALCE
                                                Oh dio! Tamiri,
1215coll'idol mio sdegnato
 io ti promisi amor...
 TAMIRI
                                        Tolgano i numi
 ch'io turbi un sì bel nodo. In questa mano
 ecco il premio, Mirteo, da te bramato. (Dà la mano a Mirteo)
 SCITALCE
 Anima generosa!
 MIRTEO
                                  Oh me beato!
 IRCANO
1220Lasciatemi svenar Sibari e poi
 al Caucaso natio torno contento.
 SEMIRAMIDE
 D'ogni esempio maggiori,
 principe, i casi miei vedi che sono; (Ad Ircano)
 sia maggior d'ogni esempio anche il perdono.
 CORO
 
1225   Donna illustre, il ciel destina
 a te regni, imperi a te.
 
    Viva lieta e sia regina
 chi finor fu nostro re.
 
 FINE
 
  Nel tempo del coro che termina l’opera, del suo ritornello e della sinfonia che precede la licenza, tutta la scena si ricopre di dense nuvole, le quali diradandosi poi a poco a poco scopron nell’alto la luminosa reggia di Giove su le cime dell’Olimpo ed una porzione d’arcobaleno che si perde nel basso fra le nuvole che circondan sempre le scoscese falde del monte. Si vede Giove assiso nel suo trono nel più distinto luogo della reggia, all’intorno e sotto di lui Giunone, Venere, Pallade, Apollo, Marte, Mercurio e la schiera degli dei minori e de’ geni celesti, e la dea Iride a’ suoi piedi in atto di riceverne un comando. Questa, quando già sia la scena al suo punto, levandosi rispettosamente, va a sedere in un leggiero carro tirato da pavoni e già innanzi preparato sull’alto dell’arcobaleno; e, servendole di strada l’arco medesimo, scende velocemente al basso, dove, smontata dal carro, corteggiata da’ geni celesti, si avanza a pronunciare la seguente