Alessandro nell’Indie, Roma, Zempel e de Mey, 1730

 SCENA VIII
 
 TIMAGENE e detti
 
 TIMAGENE
                 Le greche schiere
 signor vieni a sedar. Chiede ciascuna
 di Cleofide il sangue. Ognun la crede
980rea dell'insidia.
 PORO
                                Ella è innocente. Ignota
 le fu la trama. Il primo autor son io;
 tutto l'onor del gran disegno è mio.
 CLEOFIDE
 (Aimè!)
 ALESSANDRO
                   Barbaro, e credi
 pregio l'infedeltà?
 CLEOFIDE
                                    Signor, s'io mai...
 ALESSANDRO
985Abbastanza palese
 per l'insulto d'Asbite
 è l'innocenza tua; per me regina
 sarà nota alle schiere; io passo al campo.
 Intanto o Timagene
990tu di congiunte navi
 altro ponte rinova; occupa i siti
 della città più forti. Entro la reggia
 sia da qualunque insulto
 Cleofide difesa; e questo altero
995custodito rimanga e prigioniero.
 PORO
 Io prigionier!
 CLEOFIDE
                            Deh lascia
 Asbite in libertà. Sua colpa alfine
 è l'esser fido a Poro. Un tal delitto
 non merita il tuo sdegno.
 ALESSANDRO
1000Di sì bella pietà si rese indegno.
 
    D'un barbaro scortese
 non rammentar l'offese
 è un pregio che innamora
 più che la tua beltà.
 
1005   Da lei crudel da lei,
 che ingiustamente offendi, (A Poro)
 quella pietade apprendi
 che l'alma tua non ha. (Parte)