Alessandro nell’Indie, Roma, Zempel e de Mey, 1730

 SCENA III
 
 ALESSANDRO e detti
 
 ALESSANDRO
 Regina, è dunque vero
 che non partisti? A che mi chiami? E come
1345senza Poro qui sei?
 CLEOFIDE
 Mi lasciò, lo perdei.
 ALESSANDRO
                                       Dovevi almeno
 fuggir, salvarti.
 CLEOFIDE
                               Ove? Con chi? Mi veggo
 da tutti abbandonata e non mi resta
 altra speme che in te.
 ALESSANDRO
                                          Ma in questo loco
1350Cleofide ti perdi. È di mie schiere
 troppo contro di te grande il furore.
 CLEOFIDE
 Sì, ma più grande è d'Alessandro il core.
 ALESSANDRO
 Che far poss'io?
 CLEOFIDE
                                Della tua destra il dono
 de' Greci placherà l'ira funesta.
1355Tu me la offristi, il sai.
 ERISSENA
                                            (Sogno o son desta!)
 ALESSANDRO
 (O sorpresa, o dubbiezza!)
 CLEOFIDE
                                                   A che pensoso
 tacer così? Non ti rammenti forse
 la tua pietosa offerta o sei pentito
 di tua pietà? Questa sventura sola
1360mi mancheria fra tante. Io qui rimango
 certa del tuo soccorso,
 son vicina a perir, tu puoi salvarmi
 e la risposta ancora
 su' labri tuoi, misera me, sospendi?
 ALESSANDRO
1365Vanne, al tempio verrò. Sposo m'attendi. (Parte)