Alessandro nell’Indie, Roma, Zempel e de Mey, 1730

 SCENA VIII
 
 PORO, poi GANDARTE
 
 PORO
 Ecco spezzato il solo
 debolissimo filo a cui s'attenne
1550finor la mia speranza. A che mi giova
 più questa vita. Abbandonato e privo
 della sposa e del regno, in odio al cielo,
 grave a me stesso ed ogn'istante esposto
 di fortuna a soffrir gli scherni e l'ire.
1555Ah finisca una volta il mio martire. (Entrando s’incontra in Gandarte)
 GANDARTE
 Mio re tu vivi!
 PORO
                              Amico
 posso della tua fede
 assicurarmi ancor?
 GANDARTE
                                      Qual colpa mia
 tal dubbio meritò!
 PORO
                                     Gandarte è tempo
1560di darmene un gran pegno. Il brando stringi,
 ferisci questo sen. Da tante morti
 libera il tuo sovrano
 e togli questo ufficio alla sua mano.
 GANDARTE
 Ah signor...
 PORO
                        Tu vacilli! Il tuo pallore
1565timido ti palesa. Ah fin ad ora
 di tal viltà non ti credei capace.
 GANDARTE
 Agghiacciai, lo confesso,
 al comando crudel. Ma giacché vuoi,
 il cenno eseguirò. (Snuda la spada)
 PORO
                                    Che tardi?
 GANDARTE
                                                          Oh dio!
1570Esposto al regio sguardo
 il rispettoso cor palpita e trema;
 ah se vuoi sì gran prove,
 volgi mio re, volgi il tuo ciglio altrove.
 PORO
 Ardisci, io non ti miro. Il braccio invitto
1575conservi nel ferir l'usato stile. (Poro rivolge il volto non mirando Gandarte e Gandarte allontanatosi da lui, nell’atto d’uccider sé stesso, dice:)
 GANDARTE
 Guarda signor se il tuo Gandarte è vile.