L’Alessandro nell’Indie, Venezia, Bettinelli, 1733

 SCENA XIV
 
 CLEOFIDE, GANDARTE, poi ERISSENA
 
 CLEOFIDE
 Chi sperava o Gandarte
 tanta felicità fra tanti affanni!
1185Quanto dobbiamo a' tuoi felici inganni!
 GANDARTE
 Di vassallo e d'amico
 ho compiuto al dover. Pensiamo intanto
 quale asilo alla fuga
 sarà miglior, de' Gandariti il regno
1190o la reggia de' Prasi. A te congiunti
 d'interesse e di sangue ambi i regnanti
 contenderanno a gara
 la gloria di salvarti, infin che passi
 questo nembo di guerra
1195in altro clima a desolar la terra.
 CLEOFIDE
 L'arbitrio della scelta
 rimanga a Poro. E ancor non viene! Oh quanto
 l'attenderlo è penoso! Eccolo, io sento...
 Ma no, giunge Erissena.
 GANDARTE
                                               O come asperso
1200ha di lagrime il volto!
 CLEOFIDE
                                          Eh non è tempo (Ad Erissena che sopragiunge)
 di pianto o principessa. È stanco alfine
 di tormentarne il ciel. Con noi respira,
 consolati con noi. Libero è il varco
 al nostro scampo e libera mi rende
1205al mio sposo Alessandro; andremo altrove
 a respirar con Poro aure felici.
 ERISSENA
 Ah che Poro morì.
 CLEOFIDE
                                    Come!
 GANDARTE
                                                   Che dici!
 CLEOFIDE
 M'ha tradita Alessandro.
 ERISSENA
                                                Ei di sé stesso
 fu l'uccisor.
 CLEOFIDE
                        Quando? Perché? Finisci
1210di trafiggermi il cor.
 ERISSENA
                                        Sai che rimase
 creduto Asbite a Timagene in cura.
 CLEOFIDE
 E ben?
 ERISSENA
                 Cinto da' Greci
 lungo il fiume, alle tende
 andava prigionier, quando si mosse
1215con impeto improviso ed i sorpresi
 improvidi custodi urtò, divise,
 fra lor la via s'aperse,
 si lanciò nell'Idaspe e si sommerse.
 GANDARTE
 Privo di te, servo de' Greci, in odio (A Cleofide)
1220ebbe Poro la vita.
 CLEOFIDE
                                   I suoi furori
 mi predicean qualche funesto eccesso.
 GANDARTE
 Ma donde il sai? (Ad Erissena)
 ERISSENA
                                  Da Timagene istesso.
 CLEOFIDE
 Che mi giovò su l'are
 tante vittime offrirvi ingiusti dei?
1225Se voi de' mali miei
 siete cagione, all'ingiustizia vostra
 non son dovute; e se governa il caso
 tutti gli umani eventi,
 vi usurpate il timor numi impotenti.
 GANDARTE
1230Ah che dici o regina! Un mal privato
 spesso è pubblico bene
 e v'è sempre ragione in ciò che avviene.
 Fuggi, torna in te stessa,
 pensa a salvarti.
 CLEOFIDE
                                 A che fuggir? Qual danno
1235mi resta da temer? Lo sposo, il regno
 misera già perdei; si perda ancora
 la vita che m'avanza.
 Dov'è più di periglio, ho più speranza.
 
    Se il ciel mi divide
1240dal caro mio sposo,
 perché non m'uccide
 pietoso il martir?
 
    Divisa un momento
 dal dolce tesoro,
1245non vivo, non moro;
 ma provo il tormento
 d'un viver penoso,
 d'un lungo morir. (Parte)