Alessandro, Parigi, Quillau, 1755, I

 SCENA XIII
 
  Si vedono venire diverse barche per il fiume, dalle quali scendono molti indiani del seguito di Cleofide portando diversi doni, e dalla principale sbarca la suddetta Cleofide incontrata da Alessandro.
 
 CLEOFIDE e detti
 
 CLEOFIDE
 Ciò ch'io t'offro, Alessandro,
 è quanto di più raro
540o nell'indiche rupi
 o nella vasta oriental marina
 per me nutre e colora
 il sol vicino e la feconda aurora.
 Se non mi sdegni amica, eccoti un dono
545all'amistà dovuto;
 se suddita mi brami, ecco un tributo.
 ALESSANDRO
 Da' sudditi io non chiedo
 altr'omaggio che fede; e dagli amici
 prezzo dell'amistade io non ricevo;
550onde inutili sono
 le tue ricchezze, o sian tributo o dono.
 Timagene, alle navi
 tornino quei tesori. (Timagene si ritira dando ordine agl’indiani che tornino su le navi co’ doni)
 CLEOFIDE
                                       Il tuo comando
 anch'io deggio eseguir, che a me non lice
555miglior sorte sperar de' doni miei.
 Più di quegli importuna io ti sarei. (In atto di partire)
 ALESSANDRO
 Troppo male, o regina,
 interpreti il mio cor. Siedi e ragiona.
 CLEOFIDE
 Ubbidirò.
 ALESSANDRO
                      (Che amabile sembianza!)
 CLEOFIDE
560(Mie lusinghe, alla prova). (Siedono)
 ALESSANDRO
                                                    (Alma, costanza).
 CLEOFIDE
 In faccia ad Alessandro
 mi perdo, mi confondo e non so come
 le meditate innanzi
 suppliche fra' miei labbri io non ritrovo.
565E nel timor che provo,
 or che dappresso ammiro
 la maestà de' guardi suoi guerrieri,
 scuso il timor de' soggiogati imperi.
 ALESSANDRO
 (Detti ingegnosi).
 CLEOFIDE
                                    A te, signor, non voglio
570rimproverar le mie sventure e dirti
 le città, le campagne
 desolate e distrutte, il sangue, il pianto
 onde gonfio è l'Idaspe. Ah che da queste
 immagini funeste
575d'una miseria estrema
 fugge il pensiero, inorridisce e trema.
 Sol ti dirò ch'io non avrei creduto
 che venisse Alessandro
 dagli estremi del mondo a' nostri lidi,
580per trionfar con l'armi
 d'una femmina imbelle
 che tanto ammira i pregi suoi, che tanto...
 Oh dio! Pur nel mirarti
 la prima volta io m'ingannai. Mi parve
585placido il tuo sembiante,
 pietoso il ciglio, il ragionar cortese.
 Spiegai la tua clemenza
 come se fosse... Eh rammentar non giova
 le mie folli speranze, i sogni miei,
590che troppo è manifesto
 quale io son, qual tu sei.
 ALESSANDRO
                                               (Che assalto è questo!)
 CLEOFIDE
 Non domando i miei regni,
 non spero il tuo favor. Tanto non oso
 nello stato infelice in cui mi vedo;
595non chiamarmi nemica, altro non chiedo.
 ALESSANDRO
 Nell'udirti, o regina,
 sì accorta ragionar, vere le accuse
 credei talvolta e meditai le scuse.
 Ma il timore ingegnoso,
600i tronchi accenti e le confuse ad arte
 rispettose querele armi bastanti
 non son per tua difesa. Io da' tuoi regni
 allontanar non feci
 le mie schiere temute e vincitrici
605per lasciarti un asilo a' miei nemici.
 Tu di Poro in soccorso,
 tu contro me...
 CLEOFIDE
                              Che ascolto!
 Sei tu che parli! E mi sarà delitto
 l'aver pietà d'un infelice amico?
610È tua virtù privata
 forse l'usar pietà? Ne usurpo forse
 la tua ragion, quando t'imito? Ah sia
 Cleofide infelice,
 se questo è fallo. Avrà la gloria almeno
615che il gran cor d'Alessandro
 seppe imitar. Si perda
 regno, sudditi e vita,
 non questo pregio; inonorata a Dite
 l'ombra mia non andrà, benché in sembianza
620di suddita vi giunga.
 ALESSANDRO
                                         (Alma, costanza).
 CLEOFIDE
 Tu non mi guardi e fuggi
 l'incontro del mio ciglio? Ah non credea
 d'essere agli occhi tuoi
 orribile così. Signor, perdona
625la debolezza mia; questa sventura
 giustifica il mio pianto.
 L'esserti odiosa tanto...
 ALESSANDRO
 Ma non è ver. Sappi... T'inganni... Oh dio!
 (M'uscì quasi da' labbri idolo mio).