Alessandro, Parigi, Quillau, 1755, I

 SCENA IX
 
 ERISSENA e detti
 
 ERISSENA
 Fermati. (Trattenendolo)
 PORO
                     Oh ciel, che fai! (Rivolgendosi a Gandarte)
 GANDARTE
                                                    Perché mi togli,
 principessa adorata,
 la gloria d'una morte
 che può rendere illustri i giorni miei.
 ERISSENA
1580Qui di morir si parla e intanto altrove
 un placido imeneo (A Poro)
 stringe Alessandro all'infedel tua sposa.
 PORO
 Come!
 GANDARTE
                E fia ver?
 ERISSENA
                                    Tutto risuona il tempio
 di stromenti festivi. Ardon su l'are
1585gli arabi odori. A celebrar le nozze
 mancan pochi momenti.
 PORO
                                               Udiste mai
 più perfida incostanza? Or chi di voi
 torna a rimproverarmi i miei sospetti,
 le gelose follie,
1590il soverchio timor, le furie mie?
 Cadrà per questa mano,
 cadrà la coppia rea.
 GANDARTE
                                      Che dici!
 PORO
                                                         Il tempio
 è commodo alle insidie; a me fedeli
 son di quello i ministri. Andiamo.
 ERISSENA
                                                                Oh dio!
 GANDARTE
1595Ferma, chi sa, forse la tema è vana.
 PORO
 Ah Gandarte, ah germana
 io mi sento morir. Gelo ed avvampo
 d'amor, di gelosia; lagrimo e fremo
 di tenerezza e d'ira; ed è sì fiero
1600di sì barbare smanie il moto alterno
 ch'io mi sento nel cor tutto l'inferno.
 
    Dov'è? Si affretti
 per me la morte.
 Poveri affetti!
1605Barbara sorte!
 Perché tradirmi
 sposa infedel!
 
    Lo credo appena;
 l'empia m'inganna!
1610Questa è una pena
 troppo tiranna,
 questo è un tormento
 troppo crudel. (Parte)