Alessandro, Torino, Reale, 1757, I

 SCENA IX
 
 GANDARTE e detti
 
 GANDARTE
                             Dove, mio re?
 PORO
                                                         Nel campo.
 GANDARTE
 Ancor tempo non è di porre in uso
 disperati consigli. Io non invano
 tardai finor. Questo real diadema
 Timagene ingannò, Poro mi crede;
425mi parlò, lo scopersi
 nemico d'Alessandro. Assai da lui
 noi possiamo sperare.
 PORO
                                           Ah non è questa
 la mia cura maggiore. Al greco duce
 Cleofide s'invia;
430non deggio rimaner. (In atto di partire)
 GANDARTE
                                         Fermati. E vuoi
 per vana gelosia
 scomporre i gran disegni? Agli occhi altrui
 debole comparir? Vedi che sei
 a Cleofide ingiusto, a te nemico.
 PORO
435Tu dici il vero, io lo conosco, amico.
 Ma che perciò? Rimprovero a me stesso
 ben mille volte il giorno i miei sospetti
 e mille volte il giorno
 ne' miei sospetti a ricadere io torno.
 
440   Se possono tanto
 due luci vezzose,
 son degne di pianto
 le furie gelose
 d'un'alma infelice,
445d'un povero cor.
 
    S'accenda un momento
 chi sgrida, chi dice
 che vano è il tormento,
 che ingiusto è il timor. (Parte)