Alessandro, Torino, Reale, 1757, I

 SCENA VIII
 
 PORO, poi GANDARTE
 
 PORO
 Ecco spezzato il solo
 debolissimo filo a cui s'attenne
 finor la mia speranza. A che mi giova
1550più questa vita? Abbandonato e privo
 della sposa e del regno, in odio al cielo,
 grave a me stesso, ad ogn'istante esposto
 di fortuna a soffrir gli scherni e l'ire?
 Ah finisca una volta il mio martire! (Entrando s’incontra in Gandarte)
 GANDARTE
1555Mio re, tu vivi!
 PORO
                               Amico,
 posso della tua fede
 assicurarmi ancor?
 GANDARTE
                                      Qual colpa mia
 tal dubbio meritò?
 PORO
                                     Gandarte, è tempo
 di darmene un gran pegno. Il brando stringi,
1560ferisci questo sen. Da tante morti
 libera il tuo sovrano
 e togli quest'uffizio alla sua mano.
 GANDARTE
 Ah signor...
 PORO
                        Tu vacilli? Il tuo pallore
 timido ti palesa. Ah fin ad ora
1565di tal viltà non ti credei capace.
 GANDARTE
 Agghiacciai, lo confesso,
 al comando crudel. Ma giacché vuoi,
 il cenno eseguirò. (Snuda la spada)
 PORO
                                    Che tardi?
 GANDARTE
                                                          Oh dio!
 Esposto al regio sguardo
1570il rispettoso cor palpita e trema.
 Ah se vuoi sì gran prove,
 volgi, mio re, volgi il tuo ciglio altrove.
 PORO
 Ardisci, io non ti miro; il braccio invitto
 conservi nel ferir l'usato stile. (Poro rivolge il volto non mirando Gandarte e Gandarte allontanandosi da lui, nell’atto d’uccider sé stesso dice:)
 GANDARTE
1575Guarda, signor, se il tuo Gandarte è vile.