Alessandro, Torino, Reale, 1757, II

 SCENA IV
 
 ALESSANDRO e TIMAGENE
 
 TIMAGENE
 (Dei, che m'avvenne mai? Gelar mi sento;
 mi trema il cor).
 ALESSANDRO
                                 Siam soli; (Tutto senza sdegno)
905ecco l'ora, ecco il loco, ecco Alessandro.
 Che pensi, o Timagene? A che d'intorno
 volgi il guardo così? Se Poro attendi,
 molto è lungi da noi; l'attendi invano.
 Ardir. Che? La tua mano
910all'onor di svenarmi
 non può sola aspirar?
 TIMAGENE
                                          Come! Io... svenarti?
 Ah! Qual è quell'infame,
 che ha questo in te nero sospetto impresso?
 ALESSANDRO
 Vedilo. (Gli dà il foglio da lui scritto a Poro)
 TIMAGENE
                  (Oh numi!) (Abbattuto)
 ALESSANDRO
                                          È Timagene istesso.
 TIMAGENE
915Perfido messaggier!
 ALESSANDRO
                                        Come? Si lagna
 della perfidia altrui
 chi l'esempio ne diede?
 D'esiger l'altrui fede
 qual dritto ha un traditore?
 TIMAGENE
                                                     E pur se vuoi
920ascoltar le mie scuse...
 ALESSANDRO
                                           Ah taci; aggravi
 così la colpa tua. Reo, che convinto
 va mendicando scusa,
 sol del suo cor la pertinacia accusa.
 TIMAGENE
 È ver; nel passo a cui ridotto io sono, (Disperato)
925più difesa o perdono
 è follia di sperar. Tutto il tuo sdegno
 a vendicarti affretta.
 ALESSANDRO
 Alessandro vendetta! E sazio ancora
 d'offendermi non sei?
 TIMAGENE
                                           Dovuto è questo
930mio sangue a te.
 ALESSANDRO
                                 Ma che mi giova il sangue
 d'un traditore? Ah se mi vuoi superbo
 del mio poter, rendimi il cor; ritorna
 ad esser fido; e Timagene amico
 mi renderà, tel giuro,
935più pago di me stesso
 che Poro debellato e Dario oppresso.
 TIMAGENE
 Oh delitto! Oh perdono!
 Oh clemenza maggior de' falli miei! (Inginocchiandosi con impeto e piangendo)
 Ma che resta agli dei,
940se fa tanto un mortal?
 ALESSANDRO
                                           Sorgi; in quel pianto
 già l'amico vegg'io. Sì bel rimorso
 le tue virtù ravvivi.
 Vieni al sen d'Alessandro; amalo e vivi.
 
    Serbati a grandi imprese
945e in lor rimanga ascosa
 la macchia vergognosa
 di questa infedeltà.
 
    Che nel sentier d'onore
 se ritornar saprai,
950ricompensata assai
 vedrò la mia pietà. (Parte)