Artaserse, Roma, Zempel e de Mey, 1730

 SCENA PRIMA
 
  Parte interna della fortezza, nella quale è ritenuto prigione Arbace. Cancelli in prospetto. Picciola porta a mano destra, per la quale si ascende alla reggia.
 
 ARBACE, poi ARTASERSE
 
 ARBACE
 
    Perché tarda è mai la morte,
1185quando è termine al martir?
 
    A chi vive in lieta sorte
 è sollecito il morir.
 
 ARTASERSE
 Arbace.
 ARBACE
                  Oh dei, che miro! In questo albergo
 di mestizia e d'orror chi mai ti guida?
 ARTASERSE
1190La pietà, l'amicizia.
 ARBACE
                                       A funestarti
 perché vieni o signor?
 ARTASERSE
                                           Vengo a salvarti.
 ARBACE
 A salvarmi!
 ARTASERSE
                         Non più. Per questa via,
 che in solitaria parte
 termina della reggia, i passi affretta;
1195fuggi cauto da questo
 in altro regno e quivi
 rammentati Artaserse, amalo e vivi.
 ARBACE
 Mio re, se reo mi credi,
 perché vieni a salvarmi? E se innocente,
1200perché debbo fuggir?
 ARTASERSE
                                          Se reo tu sei,
 io ti rendo una vita
 che a me donasti. E se innocente, io t'offro
 quello scampo che solo
 puoi tacendo ottener. Fuggi, risparmia
1205d'un amico all'affetto
 d'ucciderti il dolor. Placa i tumulti
 di quest'alma agitata. O sia che cieco
 l'amicizia mi renda o sia che un nume
 protegga l'innocenza, io non ho pace,
1210se tu salvo non sei. Parmi nel seno
 una voce ascoltar che ognor mi dica,
 qualor bilancio e la tua colpa e il merto,
 che il fallo è dubbio, il beneficio è certo.
 ARBACE
 Signor lascia che io mora. In faccia al mondo
1215colpevole apparisco ed a punirmi
 t'obbliga l'onor tuo. Morrò felice,
 se a l'amico conservo e al mio signore
 una volta la vita, una l'onore.
 ARTASERSE
 Sensi non anco intesi
1220su le labra d'un reo! Diletto Arbace
 non perdiamo i momenti. All'onor mio
 basterà che si sparga
 che un segreto castigo
 già ti punì. Che funestar non volli
1225di questo dì la pompa, in cui mirarmi
 l'Asia dovrà la prima volta in trono.
 ARBACE
 Ma potrebbe il tuo dono
 un giorno esser palese. E allora...
 ARTASERSE
                                                              Ah parti;
 amico io te ne priego e se pregando
1230nulla ottener poss'io, re tel comando.
 ARBACE
 Ubbidisco al mio re. Possa una volta
 esserti grato Arbace. Ascolti intanto
 il cielo i voti miei;
 regni Artaserse e gli anni
1235del suo regno felice
 distinguano i trionfi. Allori e palme
 tutto il mondo vassallo a lui raccolga,
 lentamente ravvolga
 i suoi giorni la parca e resti a lui
1240quella pace ch'io perdo,
 che non spero trovar fino a quel giorno
 che alla patria e all'amico io non ritorno.
 
    L'onda dal mar divisa
 bagna la valle, il monte,
1245va passaggiera in fiume;
 va prigioniera in fonte.
 Mormora sempre e geme
 fin che non torna al mar.
 
    Al mar dov'ella nacque,
1250dove acquistò gli umori,
 dove dai lunghi errori
 spera di riposar. (Parte)