Artaserse, Venezia, Buonarigo, 1730

 SCENA XV
 
 ARTABANO
 
 ARTABANO
 Eccomi alfine in libertà del mio
 dolor; che feci mai? O dispietato
1135padre! O misero Arbace! Io ti perdei!
 Già spettacol funesto agl'occhi miei
 ti veggo; odo gl'accenti; odo i singhiozzi
 dell'innocente vittima... Deh! Ferma
 carnefice la scurre... Ah! Che già piomba
1140il colpo e il capo o dio! reciso e tronco
 sugli omeri sen cade... Ah! Ch'egli è morto!
 Aimè! Dove m'ascondo?
 Qui la bipenne incontro;
 qui trovo il feral palco; il manigoldo
1145là mi spaventa e là l'informe busto
 m'inorridisce. Ah! Che la pallid'ombra
 ver me s'affretta. Chi mi salva? Dove
 mi celo! O dio non posso
 sostener la sua vista. O caro Arbace
1150perdona il mio rossor; svenami o figlio.
 Ma che vaneggio? Al mio rimorso ancora
 il figlio vive e se salvai me stesso
 il caro Arbace mio non cada oppresso.
 
    Pallido il sole, torbido il cielo
1155pena minaccia, morte prepara;
 tutto mi spira rimorso e orror;
 
    timor mi cinge di freddo gelo;
 dolor mi rende la vita amara;
 io stesso fremo contro il mio cor.