Didone abbandonata, Parigi, Quillau, 1755, I

 SCENA IV
 
 Arborata fra la città e ’l porto.
 
 ARASPE ed OSMIDA
 
 OSMIDA
 Già di Iarba in difesa
 lo stuol de' mori a queste mura è giunto.
 ARASPE
 M'è noto.
 OSMIDA
                     Ad ogni impresa
1220al vostro avrete il mio valor congiunto.
 ARASPE
 Troppa follia sarebbe
 fidarsi a te.
 OSMIDA
                        Per qual cagione?
 ARASPE
                                                          Un core
 non può serbar mai fede,
 se una volta a tradir perdé l'orrore.
 OSMIDA
1225A ragione infedele
 con Didone son io; così punisco
 l'ingiustizia di lei che mai non diede
 un premio alla mia fede.
 ARASPE
 È arbitrio di chi regna,
1230non è debito il premio; e quando ancora
 fosse dovuto a cento imprese e cento,
 non v'è torto che scusi un tradimento.
 OSMIDA
 Chi nudrisce di questa
 rigorosa virtude i suoi pensieri
1235la sua sorte ingrandir giammai non speri.
 ARASPE
 Se produce rimorso,
 anche un regno è sventura. A te dovrebbe
 la gloria esser gradita
 di vassallo fedel più che la vita.
 OSMIDA
1240Questi dogmi severi
 serba, Araspe, per te. Prendersi tanta
 cura dell'opre altrui non è permesso;
 non fa poco chi sol pensa a sé stesso.