Didone abandonata, Napoli, Ricciardo, 1724

 SCENA IV
 
 SELENE ed ARASPE
 
 SELENE
670Chi fu che all'inumano
 disciolse le catene?
 ARASPE
 A me bella Selene il chiedi invano.
 Io prigioniero e reo,
 libero ed innocente in un momento
675sciolto mi vedo e sento
 fra' lacci il mio signore, il passo muovo
 a suo pro nella regia e vel ritrovo.
 SELENE
 Ah contro Enea v'è qualche frode ordita.
 Difendi la sua vita.
 ARASPE
                                      È mio nemico.
680Pur se brami che Araspe
 dall'insidie il difenda
 tel prometto. Sin qui
 l'onor mio nol contrasta
 ma ti basti così.
 SELENE
                                Così mi basta. (In atto di partire)
 ARASPE
685Ah non toglier sì tosto
 il piacer di mirarti agli occhi miei.
 SELENE
 Perché?
 ARASPE
                  Tacer dovrei ch'io sono amante
 ma reo del mio delitto è il tuo sembiante.
 SELENE
 Araspe il tuo valore,
690il volto tuo, la tua virtù mi piace.
 Ma già pena il mio cor per altra face.
 ARASPE
 Quanto son sventurato.
 SELENE
                                             E più Selene.
 Se t'accende il mio volto
 narri almen le tue pene ed io le ascolto.
695Io l'incendio nascoso
 tacer non posso e palesar non oso.
 ARASPE
 Soffri almen la mia fede.
 SELENE
 Sì, ma da me non aspettar mercede.
 Se può la tua virtù
700amarmi a questa legge io tel concedo
 ma non chieder di più.
 ARASPE
                                             Di più non chiedo.
 SELENE
 
    Ardi per me fedele,
 serba nel cor lo strale
 ma non mi dir crudele,
705se non avrai mercé.
 
    Hanno sventura eguale
 la tua, la mia costanza.
 Per te non v'è speranza,
 non v'è pietà per me. (Parte)