Didone abbandonata, Parigi, Quillau, 1755, I

 SCENA X
 
  Reggia con veduta della città di Cartagine in prospetto che poi s’incendia.
 
 DIDONE e poi OSMIDA
 
 DIDONE
 
    Va crescendo il mio tormento;
 io lo sento e non l'intendo;
 giusti dei, che mai sarà!
 
 OSMIDA
 Deh, regina, pietà.
 DIDONE
                                     Che rechi, amico?
 OSMIDA
1350Ah no, così bel nome
 non merta un traditore
 d'Enea, di te nemico e del tuo amore.
 DIDONE
 Come?
 OSMIDA
                 Con la speranza
 di posseder Cartago
1355Iarba mi fece suo; poi con la morte
 i tradimenti miei punir volea;
 ma dono è il viver mio del grand'Enea.
 DIDONE
 Reo di tanto delitto hai fronte ancora
 di presentarti a me?
 OSMIDA
                                        Sì, mia regina. (S’inginocchia)
1360Tu vedi un infelice
 che non spera il perdono e nol desia;
 chiedo a te per pietà la pena mia.
 DIDONE
 Sorgi; quante sventure!
 Misera me, sotto qual astro io nacqui!
1365Manca ne' miei più fidi...