Artaserse, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA II
 
 ARTABANO, poi ARBACE con alcune guardie
 
 ARTABANO
 Son quasi in porto. Arbace,
 avvicinati. E voi (Alle guardie)
635nelle prossime stanze
 pronti attendete ogni mio cenno. (Partono)
 ARBACE
                                                               (Il padre
 solo con me!)
 ARTABANO
                            Pur mi riesce, o figlio,
 di salvar la tua vita. Io chiesi ad arte
 all'incauto Artaserse
640la libertà di favellarti. Andiamo;
 per una via che ignota
 sempre gli fu, scorgendo i passi tui
 deluder posso i suoi custodi e lui.
 ARBACE
 Mi proponi una fuga
645che saria prova al mio delitto?
 ARTABANO
                                                         Eh vieni,
 folle che sei; la libertà ti rendo;
 t'involo al regio sdegno;
 agli applausi ti guido e forse al regno.
 ARBACE
 Che dici! Al regno!
 ARTABANO
                                     È da gran tempo, il sai,
650a tutti in odio il regio sangue. Andiamo;
 alle commosse squadre
 basta mostrarti. Ho già la fede in pegno
 de' primi duci.
 ARBACE
                               Io divenir ribelle!
 Solo in pensarlo inorridisco. Ah padre
655lasciami l'innocenza.
 ARTABANO
                                         È già perduta
 nella credenza altrui. Sei prigioniero
 e comparisci reo.
 ARBACE
                                  Ma non è vero.
 ARTABANO
 Questo non giova. È l'innocenza, Arbace,
 un pregio che consiste
660nel credulo consenso
 di chi l'ammira; e se le togli questo,
 in nulla si risolve. Il giusto è solo
 chi sa fingerlo meglio, e chi nasconde
 con più destro artifizio i sensi sui
665nel teatro del mondo agli occhi altrui.
 ARBACE
 T'inganni. Un'alma grande
 è teatro a sé stessa. Ella in segreto
 s'approva e si condanna;
 e placida e sicura
670del volgo spettator l'aura non cura.
 ARTABANO
 Sia ver; ma l'innocenza
 si dovrà preferir forse alla vita?
 ARBACE
 E questa vita, o padre,
 che mai la credi?
 ARTABANO
                                  Il maggior dono, o figlio,
675che far possan gli dei.
 ARBACE
                                          La vita è un bene
 che usandone si scema; ogni momento
 ch'altri ne gode è un passo
 che al termine avvicina; e dalle fasce
 si comincia a morir, quando si nasce.
 ARTABANO
680E dovrò per salvarti
 contender teco? Altra ragion per ora
 non ricercar che il cenno mio. T'affretta.
 ARBACE
 No, perdona, sia questo
 il tuo cenno primiero
685trasgredito da me.
 ARTABANO
                                     Vinca la forza
 le resistenze tue. Sieguimi. (Va per prenderlo)
 ARBACE
                                                     In pace (Si scosta)
 lasciami, o padre. A troppo gran cimento
 riduci il mio rispetto. Ah se mi sforzi,
 farò...
 ARTABANO
              Minacci ingrato!
690Parla, di', che farai?
 ARBACE
                                       Nol so; ma tutto
 farò per non seguirti.
 ARTABANO
                                          E ben vediamo
 chi di noi vincerà. Sieguimi, andiamo. (Lo prende per mano)
 ARBACE
 Custodi, olà.
 ARTABANO
                          T'accheta.
 ARBACE
                                               Olà, custodi,
 rendetemi i miei lacci. Al carcer mio
695guidatemi di nuovo. (Artabano lascia Arbace vedendo i custodi)
 ARTABANO
                                         (Ardo di sdegno).
 ARBACE
 Padre, un addio.
 ARTABANO
                                 Va', non t'ascolto, indegno.
 ARBACE
 
    Mi scacci sdegnato!
 Mi sgridi severo!
 Pietoso, placato
700vederti non spero,
 se in questi momenti
 non senti pietà.
 
    Che ingiusto rigore!
 Che fiero consiglio!
705Scordarsi l'amore
 d'un misero figlio,
 d'un figlio infelice
 che colpa non ha. (Parte colle guardie)