Artaserse, Torino, Reale, 1757

 SCENA XI
 
 MEGABISE, poi ARBACE disarmato fra le guardie e detti
 
 MEGABISE
                                                  Arbace è il reo.
 ARTASERSE
 Come!
 MEGABISE
                Osserva il delitto in quel sembiante. (Accennando Arbace che esce confuso)
 ARTASERSE
 L'amico!
 ARTABANO
                    Il figlio!
 SEMIRA
                                     Il mio german!
 MANDANE
                                                                   L'amante!
 ARTASERSE
 In questa guisa, Arbace,
 mi torni innanzi? Ed hai potuto in mente
425tanta colpa nudrir?
 ARBACE
                                      Sono innocente.
 MANDANE
 (Volesse il ciel!)
 ARTASERSE
                                Ma se innocente sei,
 difenditi, dilegua
 i sospetti, gl'indizi e la ragione
 dell'innocenza tua sia manifesta.
 ARBACE
430Io non son reo; la mia difesa è questa.
 ARTABANO
 (Seguitasse a tacer).
 MANDANE
                                        Ma i sdegni tuoi
 contro Serse?
 ARBACE
                            Eran giusti.
 ARTASERSE
                                                    La tua fuga?
 ARBACE
 Fu vera.
 MANDANE
                   Il tuo silenzio?
 ARBACE
 È necessario.
 ARTASERSE
                           Il tuo confuso aspetto?
 ARBACE
435Lo merita il mio stato.
 MANDANE
                                           E 'l ferro asperso
 di caldo sangue?
 ARBACE
                                 Era in mia mano, è vero.
 ARTASERSE
 E non sei delinquente?
 MANDANE
 E l'uccisor non sei?
 ARBACE
                                      Sono innocente.
 ARTASERSE
 Ma l'apparenza, o Arbace,
440t'accusa, ti condanna.
 ARBACE
 Lo veggo anch'io; ma l'apparenza inganna.
 ARTASERSE
 Tu non parli, o Semira?
 SEMIRA
                                              Io son confusa.
 ARTASERSE
 Parli Artabano.
 ARTABANO
                               Oh dio!
 Mi perdo anch'io nel meditar la scusa.
 ARTASERSE
445Misero! Che farò? Punire io deggio
 nell'amico più caro il più crudele
 orribile nemico. A che mostrarmi
 così gran fedeltà, barbaro Arbace?
 Quei soavi costumi,
450quell'amor, quelle prove
 d'incorrotta virtude erano inganni
 dunque d'un'alma rea? Potessi almeno
 quel momento obbliar che in mezzo all'armi
 me da' nemici oppresso
455cadente sollevasti e col tuo sangue
 generoso serbasti i giorni miei,
 che adesso non avrei
 del padre mio nel vendicare il fato
 la pena, oh dio! di divenirti ingrato.
 ARBACE
460I primi affetti tuoi,
 signor, non perda un innocente oppresso;
 se mai degno ne fui, lo sono adesso.
 ARTABANO
 Audace, e con qual fronte
 puoi domandargli amor? Perfido figlio,
465il mio rossor, la pena mia tu sei.
 ARBACE
 Anche il padre congiura a' danni miei!
 ARTABANO
 Che vorresti da me? Ch'io fossi a parte
 de' falli tuoi nel compatirti? Eh provi, (Ad Artaserse)
 provi, o signor, la tua giustizia. Io stesso
470sollecito la pena. In sua difesa
 non gli giovi Artabano aver per padre.
 Scordati la mia fede, obblia quel sangue
 di cui per questo regno
 tante volte pugnando i campi aspersi;
475coll'altro ch'io versai, questo si versi.
 ARTASERSE
 Oh fedeltà!
 ARTABANO
                        Risolvi e qualche affetto,
 se ti resta per lui, vada in obblio.
 ARTASERSE
 Risolverò ma con qual core... Oh dio?
 
    Deh respirar lasciatemi
480qualche momento in pace!
 Capace di risolvere
 la mia ragion non è.
 
    Mi trovo in un istante
 giudice, amico, amante
485e delinquente e re. (Parte)