Artaserse, Parigi, Hérissant, 1780

 SCENA II
 
 ARBACE, poi ARTABANO con ispada nuda insanguinata
 
 ARBACE
105Oh comando! Oh partenza!
 Oh momento crudel che mi divide
 da colei per cui vivo e non m'uccide!
 ARTABANO
 Figlio, Arbace.
 ARBACE
                              Signor.
 ARTABANO
                                              Dammi il tuo ferro.
 ARBACE
 Eccolo.
 ARTABANO
                Prendi il mio; fuggi, nascondi
110quel sangue ad ogni sguardo.
 ARBACE
                                                       Oh dei! Qual seno
 questo sangue versò? (Guardando la spada)
 ARTABANO
                                           Parti; saprai
 tutto da me.
 ARBACE
                          Ma quel pallore, o padre,
 quei sospettosi sguardi
 m'empiono di terror. Gelo in udirti
115così con pena articolar gli accenti;
 parla; dimmi, che fu?
 ARTABANO
                                           Sei vendicato;
 Serse morì per questa man.
 ARBACE
                                                     Che dici!
 Che sento! Che facesti!
 ARTABANO
                                             Amato figlio,
 l'ingiuria tua mi punse;
120son reo per te.
 ARBACE
                             Per me sei reo? Mancava
 questa alle mie sventure. Ed or che speri?
 ARTABANO
 Una gran tela ordisco;
 forse tu regnerai. Parti; al disegno
 necessario è ch'io resti.
 ARBACE
125Io mi confondo in questi
 orribili momenti.
 ARTABANO
                                   E tardi ancora?
 ARBACE
 Oh dio!
 ARTABANO
                  Parti; non più; lasciami in pace.
 ARBACE
 Che giorno è questo, o disperato Arbace!
 
    Fra cento affanni e cento
130palpito, tremo e sento
 che freddo dalle vene
 fugge il mio sangue al cor.
 
    Prevedo del mio bene
 il barbaro martiro
135e la virtù sospiro
 che perde il genitor. (Mentre Arbace canta l’aria, Artabano, che non l’ode, va sospettoso spiando intorno ed ascoltando per poter regolarsi a seconda di quello che veda o senta. Dopo l’aria Arbace parte)