Didone abbandonata, Parigi, Quillau, 1755, II

 SCENA XI
 
 SELENE, IARBA e ARASPE
 
 IARBA
 Non partirà se pria... (Volendo seguirlo)
 SELENE
                                          Da lui che brami? (Arrestandolo)
 IARBA
 Il suo nome.
 SELENE
                          Il suo nome
350senza tanto furor da me saprai.
 IARBA
 A questa legge io resto.
 SELENE
 Quell'Enea, che tu cerchi, appunto è questo.
 IARBA
 Ah m'involasti un colpo
 che al mio braccio offeriva il ciel cortese.
 SELENE
355Ma perché tanto sdegno? In che t'offese?
 IARBA
 Gli affetti di Didone
 al mio signor contende;
 t'è noto e mi domandi in che m'offende?
 SELENE
 Dunque supponi, Arbace,
360che scelga a suo talento il caro oggetto
 un cor che s'innamora?
 Nella scuola d'amor sei rozzo ancora. (Parte)