Il Demetrio, Madrid, Mojados, 1751

 SCENA VI
 
 FENICIO e dette
 
 FENICIO
                                             Pietà, regina.
 CLEONICE
 Ma per chi?
 FENICIO
                         Per Alceste. Io l'incontrai
 pallido, semivivo e per l'affanno
 quasi fuora di sé. La dura legge
 di più non rivederti
730è un colpo tal che gli trafigge il core,
 che la ragion gli toglie,
 che lo porta a morir. Freme, sospira,
 prega, minaccia e fra le smanie e il pianto
 sol di te si ricorda,
735il tuo nome ripete ad ogni passo.
 Farebbe il suo dolor pietade a un sasso.
 CLEONICE
 Ah Fenicio crudel. Da te sperava
 la vacillante mia
 mal sicura virtù qualche sostegno,
740non impulsi a cader. Perché ritorni
 barbaramente a ritentar la viva
 ferita del mio cor?
 FENICIO
                                     Perdona al zelo
 del mio paterno amor questo trasporto.
 Alceste è figlio mio,
745figlio della mia scelta,
 figlio del mio sudor.
 BARSENE
                                        (Zelo importuno).
 CLEONICE
 Ormai che far poss'io?
 Che vuole Alceste? E qual da me richiede
 conforto al suo martire?
 FENICIO
750Rivederti una volta e poi morire.
 CLEONICE
 Oh dio!
 FENICIO
                  Bella regina,
 ti veggo intenerir. Pietà di lui,
 pietà di me. Questo canuto crine,
 la lunga servitù, l'intatta fede
755merita pur ch'io qualche premio ottenga.
 CLEONICE
 Eh resista chi può. Digli che venga. (Lacera il foglio e s’alza da sedere)
 BARSENE
 (Ecco di nuovo il mio sperare estinto).
 FENICIO
 (Basta che vegga Alceste e Alceste ha vinto). (In atto di partire s’incontra in Olinto)