Demetrio, Torino, Reale, 1757

 SCENA XIII
 
 CLEONICE e poi BARSENE, indi FENICIO
 
 CLEONICE
1160Sarete alfin contenti,
 ambiziosi miei folli pensieri.
 Eccomi abbandonata, eccomi priva
 d'ogni conforto mio. Qual nume infausto
 seminò fra i mortali
1165questa sete d'onor? Che giova al mondo
 questa gloria tiranna,
 se costa un tal martire,
 se per viver a lei convien morire?
 BARSENE
 Regina, è dunque vero
1170che trionfar sapesti
 sui propri affetti anche al tuo ben vicina?
 FENICIO
 Dunque è vero, o regina,
 che avesti un cor sì fiero
 contro te, contro Alceste?
 CLEONICE
                                                È vero, è vero.
 FENICIO
1175Non ti credea capace
 di tanta crudeltà.
 BARSENE
                                  Minor costanza
 non sperava da te.
 FENICIO
                                    L'atto inumano
 detesterà chi vanta
 massime di pietà.
 BARSENE
                                    L'atto sublime
1180ammirerà chi sente
 stimoli di virtù.
 FENICIO
                                Col tuo rigore
 oh quanto perdi!
 BARSENE
                                  Oh quanta gloria acquisti!
 FENICIO
 Deh rivoca...
 BARSENE
                          Ah resisti...
 CLEONICE
                                                 Oh dio! Tacete.
 Perché affliggermi più? Che mai volete?
 FENICIO
1185Vorrei renderti chiaro
 l'inganno tuo.
 BARSENE
                            Di tua costanza il vanto
 vorrei serbarti.
 CLEONICE
                               E m'uccidete intanto.
 Egualmente il mio core
 il proprio male ed il rimedio abborre;
1190e m'affretta il morir chi mi soccorre.
 
    Manca sollecita
 più dell'usato,
 ancor che s'agiti
 con lieve fiato,
1195face che palpita
 presso al morir.
 
    Se consolarmi
 voi non potete,
 perché turbarmi,
1200perché volete
 la forza accrescere
 del mio martir? (Parte)