Issipile, Torino, Reale, 1757

 SCENA PRIMA
 
  Luogo rimoto fra la città e la marina, adorno di cipressi e di monumenti degli antichi re di Lenno.
 
 LEARCO con due pirati suoi seguaci e poi TOANTE
 
 LEARCO
 Ogni nostra speranza
 fu vana, amici. Alle più belle imprese
785la fortuna si oppone. Andate e sia
 ciascun pronto a partir. Ma veggo o parmi?...
 Sì; Toante s'appressa e solo ei viene (Partono i pirati)
 per queste vie romite.
 Facciam l'ultima prova. Amici, udite. (Tornano i pirati, a’ quali tratti in disparte Learco parla in voce sommessa)
 TOANTE
790Nelle tessale tende
 restar dovrei ma voi non tollerate,
 affetti impazienti.
 LEARCO
                                    (Udiste? Andate). (a’ pirati che partono)
 TOANTE
 Sollecito, dubbioso
 palpito, non ho pace. Ogni momento
795qualche nuncio funesto
 temo ascoltar. Per questa
 più solitaria parte
 alla reggia n'andrò. (In atto di partire)
 LEARCO
                                       (Learco all'arte).
 Signor, soffri al tuo piede (Se gl’inginocchia innanzi)
800il vassallo più reo...
 TOANTE
                                      Tu vivi! Oh numi!
 Sei Learco o nol sei?
 LEARCO
                                        Learco io sono.
 TOANTE
 Che pretendi da me?
 LEARCO
                                          Morte o perdono.
 TOANTE
 Traditor, non offrirti
 al mio sguardo mai più. (In atto di partire)
 LEARCO
                                               Sentimi e poi (S’alza e lo siegue)
805discacciami se vuoi.
 TOANTE
                                       Non sai qual pena,
 perfido, a te si serba in questo lido?
 LEARCO
 La morte io meritai,
 signor, quando tentai
 Issipile rapir. Ma se non trova
810pietà nel mio regnante
 un giovanile errore
 che persuase amore,
 che 'l rimorso punì, si mora almeno
 nel paterno terreno. Un lustro intero,
815sempre in clima straniero,
 rammingo, pellegrino,
 scherzo di reo destino,
 vivo in odio alle stelle, in odio al mondo;
 e quel che più m'affanna,
820vivo in odio al mio re. Grave a me stesso
 la stanchezza mi rende
 e 'l tedio di soffrir. De' mali miei
 il più grande è la vita; e chi dal seno
 lo spirto mi divide
825è pietoso con me, quando m'uccide.
 TOANTE
 (Quel disperato affanno
 scema l'orror della sua colpa antica).
 LEARCO
 (Quanto tarda a venir la schiera amica!) (Impaziente verso la scena)
 TOANTE
 Da' tuoi disastri impara
830a rispettar, Learco,
 in avvenir la maestà del trono.
 Riconsolati e vivi. Io ti perdono. (In atto di partire)
 LEARCO
 Ah signor! Tu mi lasci
 dubbioso ancor, se un più sicuro pegno
835non ho di tua pietà.
 TOANTE
                                       Dopo il perdono,
 che di più posso darti?
 LEARCO
 La tua destra real.
 TOANTE
                                    Prendila e parti.
 LEARCO
 O de' numi clementi (Va allungando queste parole per dar tempo che giungano i compagni)
 pietoso imitator, questo momento
840di tutti mi ristora
 gli affanni che passai. (Né giunge ancora!)
 E dubbioso e tremante
 eccomi alle tue piante... E in umil atto... (Mentre vuole inginocchiarsi e prender la mano al re, escono i corsari armati che circondano Toante)
 TOANTE
 Qual gente ne circonda!
 LEARCO
                                              Il colpo è fatto. (Lascia la mano di Toante, sorge ed abbandona l’affettata umiltà da lui finta finora)
845Cedimi quella spada. (A Toante)
 TOANTE
                                           A chi ragioni?
 LEARCO
 Parlo con te.
 TOANTE
                          Meco favelli? Oh dei!
 Come...
 LEARCO
                  Non più. Mio prigionier tu sei.
 TOANTE
 Qual nera frode!
 LEARCO
                                 Alfine
 cadesti ne' miei lacci. Arbitro io sono
850de' giorni tuoi. Soffrilo in pace. Il mondo
 varia così le sue vicende e sempre
 all'evento felice il reo succede.
 Or tocca a te di domandar mercede.
 TOANTE
 Scellerato!
 LEARCO
                       Toante,
855cambia linguaggio. Un grande esempio avesti
 di prudenza da me. Supplice, umile
 parlai finora. È l'adattarsi al tempo
 necessaria virtù. Pendon quell'armi
 dal mio cenno; e poss'io...
 TOANTE
                                                 Che puoi tu farmi?
860Puoi togliermi l'avanzo
 d'una vita cadente
 che mi rese molesta
 degli anni il peso e degli affanni miei.
 LEARCO
 Anch'io dissi così; ma nol credei.
 TOANTE
865V'è però gran distanza
 dal mio core al tuo cor.
 LEARCO
                                            Fole son queste.
 Ogni animal che vive
 ama di conservarsi. Arte, che inganna
 solo il credulo volgo, è la fermezza
870che affettano gli eroi ne' casi estremi.
 Io ti leggo nell'alma e so che tremi.
 TOANTE
 Tremerei, se credessi
 d'esser simile a te, che avrei sugli occhi
 l'orror di mille colpe; e mi parrebbe
875sempre ascoltar che mi stridesse intorno
 il fulmine di Giove,
 punitor de' malvagi.
 LEARCO
                                        A questo segno
 non è l'ira celeste
 terribile per me.
 TOANTE
                                  Fole son queste.
880Tranquillo esser non puoi.
 So che nasce con noi
 l'amor della virtù. Quando non basta
 ad evitar le colpe,
 basta almeno a punirle. È un don del cielo
885che diventa castigo
 per chi n'abusa. Il più crudel tormento,
 che hanno i malvagi, è il conservar nel core,
 ancora a lor dispetto,
 l'idea del giusto e dell'onesto i semi.
890Io ti leggo nell'alma e so che tremi.
 LEARCO
 Questo de' cori umani
 saggio conoscitor traete, amici,
 prigioniero alle navi. E tu deponi
 quell'inutile acciaro. (A Toante)
 TOANTE
895Prendilo, traditor. (Getta la spada)
 LEARCO
                                     Dovresti ormai
 quest'orgoglio real porre in obblio.
 Toante è il vinto. Il vincitor son io.
 TOANTE
 
    Guardami prima in volto,
 anima vile, e poi
900giudica pur di noi
 il vincitor qual è.
 
    Tu libero e disciolto
 sei di pallor dipinto;
 io di catene avvinto
905sento pietà di te. (Parte fra i pirati)