Issipile, Parigi, Hérissant, 1780

 SCENA XIII
 
 GIASONE, poi TOANTE
 
 GIASONE
 Partì; lode agli dei.
 Vi seducea quel pianto
730durando anche un momento, affetti miei.
 Lunge da questo cielo
 vadasi omai. La lontananza estingua
 un vergognoso amor.
 TOANTE
                                         Principe, amico.
 GIASONE
 Signor! M'inganno o sei
735tu di Lenno il regnante?
 TOANTE
                                               Almen lo fui.
 GIASONE
 Son fuor di me. Come risorgi? Estinto
 nell'albergo real ti vidi io stesso;
 o sognavo in quel punto o sogno adesso.
 TOANTE
 Vedesti un infelice
740avvolto in regie spoglie; e quel sembiante,
 poco dal mio diverso,
 altri ingannò. Questa pietosa frode
 Issipile inventò per mia difesa.
 GIASONE
 Ah di tutto innocente
745dunque è la sposa mia! Toante, or ora
 ritorno a te. (In atto di partire con fretta)
 TOANTE
                          Perché mi lasci?
 GIASONE
                                                          Io voglio
 raggiungere il mio ben. Saprai, saprai
 quanto ingiusto l'offesi. (Come sopra)
 TOANTE
                                               Odi; che fai?
 Le femminili schiere,
750cui l'evento felice orgoglio accresce,
 scorron per ogni loco; e se t'inoltri
 così senza seguaci,
 né il tuo sangue risparmi
 né difendi la sposa.
 GIASONE
                                      All'armi, all'armi. (Verso le tende)
755Destatevi, sorgete,
 seguitemi, o compagni.
 TOANTE
                                             a' vostri passi
 io servirò di scorta.
 GIASONE
                                      Ah no. Saresti
 impaccio e non difesa. In mezzo all'ire
 io tremerei per te. Compagni, oh dio!
760troncate le dimore. (Con impazienza e fretta)
 Oh sposa! Oh amico! Oh tenerezze! Oh amore!
 
    Io ti lascio; e questo addio
 se sia l'ultimo non so.
 
    Tornerò coll'idol mio
765o mai più non tornerò. (Giasone parte seguito dagli argonauti che nel tempo dell’aria si vedono uscir dalle tende e radunarsi)