Adriano in Siria, Vienna, van Ghelen, 1732

 SCENA PRIMA
 
 Sala terrena con sedie.
 
 SABINA ed AQUILIO
 
 SABINA
 Come! Ch'io parta? A questo segno è cieco
 e ingiusto a questo segno? E di qual fallo
1065vuol punirmi Adriano?
 AQUILIO
                                             Ei sa che fosti
 d'Emirena e Farnaspe
 consigliera alla fuga. Ei del custode
 ti crede seduttrice.
 Se ne querela e dice
1070che del trono offendesti
 le sacre inviolabili ragioni,
 che disturbi e scomponi
 gli ordini suoi, che apprenderan, se resti,
 tutti ad essergli infidi. E con tal arte
1075sa i tuoi falli ingrandir, che a chi lo sente,
 nel punirti così, sembra clemente.
 SABINA
 Non può nome di colpa
 un'opra meritar, se ree non sono
 le cagioni, gli oggetti
1080onde fu mossa, ove è diretta. Io volli,
 serbando la sua gloria,
 beneficando una rival di nuovo
 procurarmi il suo cor. Non l'odio o l'ira
 mi consigliò ma la pietà, l'amore;
1085onde error non commisi o è lieve errore.
 AQUILIO
 Sabina io lo conosco; e lo conosce
 forse Adriano ancor. Ma giova a lui
 un lodevol pretesto.
 SABINA
                                       E ben, mi vegga
 e n'arrossisca.
 AQUILIO
                             Il comparirgli innanzi
1090di vietarti m'impose.
 SABINA
                                          Oh dei! Ma deggio
 partir senza vederlo?
 AQUILIO
                                         Appunto.
 SABINA
                                                             E quando?
 AQUILIO
 Già le navi son pronte.
 SABINA
                                            Un tal comando
 ubbidir non si deve.
 AQUILIO
                                        Ah no. Ti perdi.
 Parti. Fidati a me. Lo vincerai
1095non resistendo. Io cercherò l'istante
 di farlo ravveder.
 SABINA
                                   Ma digli almeno...
 AQUILIO
 Va'. Senz'altro parlar t'intendo a pieno.
 SABINA
 
    Digli ch'è un infedele;
 digli che mi tradì;
1100senti. Non dir così.
 Digli che partirò;
 digli che l'amo.
 
    Ah se nel mio martir
 lo vedi sospirar,
1105tornami a consolar,
 che prima di morir
 di più non bramo. (Parte)