Adriano in Siria, Vienna, van Ghelen, 1732

 SCENA IX
 
  Luogo magnifico del palazzo imperiale. Scale per cui si scende alle ripe dell’Oronte. Veduta di campagna e giardini sull’opposta sponda.
 
 SABINA, con seguito di matrone e cavalieri romani, ed AQUILIO
 
 SABINA
 Temerario! E tu ardisci
 di parlarmi d'amor? Né ti rammenti
 qual sei tu, qual io sono!
 AQUILIO
                                               Amore agguaglia
 qualunque differenza. Il mio rispetto
1390mi fe' tacer finora. Alfin tu parti;
 e nell'ultimo istante
 mi riduco a scoprir ch'io sono amante.
 SABINA
 Colpevole è l'affetto,
 oltraggioso il parlarne. Andiamo. (Al seguito)
 AQUILIO
                                                               Io veggio
1395perché mi sdegni. Ancor ti sta nel core
 il barbaro, l'ingiusto,
 l'incostante Adriano.
 SABINA
 Olà. Del tuo sovrano (Tornando indietro)
 parli così?
 AQUILIO
                      Questa favella appresi
1400da te. Lo sai.
 SABINA
                          So che non siam l'istesso.
 Né quel che a me si soffre è a te permesso.
 
    È ingrato, lo veggio;
 ma siede nel soglio.
 Non deggio, non voglio
1405sentirlo accusar.
 
    Tradì l'amor mio;
 non cura il mio affanno;
 ma sola poss'io
 chiamarlo tiranno;
1410io sola di lui
 mi posso lagnar. (S’incamina Sabina per discendere alle navi)
 
 AQUILIO
 Men fiera un'altra volta
 forse in Roma sarai.