Adriano in Siria, Vienna, van Ghelen, 1732

 SCENA XI
 
 EMIRENA, FARNASPE e detti
 
 EMIRENA
 Ah Cesare pietà.
 FARNASPE
                                 Pietà signore.
 ADRIANO
1445Di chi?
 EMIRENA
                 Del padre mio.
 FARNASPE
 Dell'oppresso mio re.
 ADRIANO
                                          Roma, il Senato
 deciderà di lui. M'offese a segno
 che non voglio salvarlo;
 né mi fido al mio sdegno in giudicarlo.
 EMIRENA
1450Ma intanto lo punisci. È maggior pena
 questa ad Osroa d'ogn'altra.
 ADRIANO
                                                     Ormai non voglio
 più sentirne parlar.
 FARNASPE
                                       Dunque non curi
 d'Emirena che piange?
 Ch'è tua sposa, se vuoi?
 ADRIANO
                                              Sposa?
 FARNASPE
                                                              Non chiede
1455che il padre. E quella mano
 che può farti felice
 t'offre in mercede.
 ADRIANO
                                     Ella però nol dice. (A Farnaspe doppo aver guardato Emirena)
 SABINA
 (Aimè!)
 FARNASPE
                   Parla Emirena.
 EMIRENA
                                                 Assai Farnaspe
 hai parlato per me.
 ADRIANO
                                      Con quanta forza
1460all'offerta consente! Eh ch'io conosco
 tutto quel cor. No no. L'odio paterno,
 il suo laccio primiero è troppo forte.
 Mi sarebbe nemica ancor consorte.
 EMIRENA
 No, Cesare, t'inganni. Il dover mio
1465farà strada all'amor. Rivoca il cenno;
 perdona al genitor. Per quel sereno
 raggio del ciel che nel tuo volto adoro,
 per quel sudato alloro (S’inginocchia)
 che porti al crin, per questa invitta mano
1470ch'è sostegno del mondo,
 ch'io bacio e stringo e del mio pianto inondo.
 ADRIANO
 Sorgi. Ah non pianger più. (Chi vide mai
 lagrime così belle? È donna o dea?
 Quando m'innamorò così piangea).
 SABINA
1475(Che spero più?)
 FARNASPE
                                  Risolvi Augusto.
 ADRIANO
                                                                  (Almeno
 fosse altrove Sabina). (Da sé)
 SABINA
 (Il mio scorno è sicuro).
 ADRIANO
 (I rimproveri suoi già mi figuro).
 SABINA
 (Ah coraggio una volta). Augusto io veggo...
 ADRIANO
1480Ma che vedi Sabina? Io non parlai,
 io non risolsi ancor. Già ti quereli,
 già reo mi vuoi. Qual legge mai, qual dritto
 permette di punir pria del delitto?
 SABINA
 Non adirarti ancor, sentimi e credi
1485che non arte d'amore,
 non mascherato sdegno
 in me ti parlerà. Puro nel volto
 tutto il cor mi vedrai.
 ADRIANO
                                          Parla. T'ascolto.
 SABINA
 Io veggo Augusto, e 'l vede
1490purtroppo ognun, che t'affatichi invano
 per renderti a te stesso. Ed io, che invece
 di sdegnarmi con te per tanti oltraggi
 sento che più m'accendo,
 da quel che pruovo a compatirti apprendo.
1495Troppo, troppo fatali
 son le nostre ferite. Uno di noi
 dee morirne d'affanno. Io se ti perdo,
 tu se perdi Emirena. Ah non sia vero
 che per salvar d'inutil donna i giorni
1500perisca un tale eroe. Serbati o caro
 alla tua gloria, alla tua patria, al mondo,
 se non a me. D'ogni dover ti sciolgo;
 ti perdono ogni offesa;
 ed io stessa sarò la tua difesa.
 ADRIANO
1505Che dici?
 SABINA
                     A me più non pensar. Saranno
 brevi le pene mie. Morrei contenta,
 se i giorni che 'l dolore (Piange)
 usurpa a me ti raddoppiasse amore.
 ADRIANO
 Anima generosa,
1510degna di mille imperi! Anima grande!
 Qual sovrumano è questo
 eccesso di virtù? Tutti volete
 dunque farmi arrossir? Fedel vassallo
 tu la sposa mi cedi (A Farnaspe)
1515a favor del tuo re. Figlia pietosa
 sagrifichi te stessa (Ad Emirena)
 tu per il padre tuo. Tradita amante (A Sabina)
 non pensi tu che al mio riposo. Ed io,
 io sol fra tanti forti
1520il debole sarò? Né mi nascondo
 per vergogna a' viventi? E siedo in trono?
 E do leggi alla terra? Ah no. Vi sento
 ribollir per le vene
 spirti di gloria e di virtù. Mi desto
1525dal letargo funesto ond'era avvolto;
 son disciolto. Son mio. Perdono, o cara,
 o illustre mia liberatrice. Osserva
 quale incendio d'onore
 m'hai svegliato nell'alma. In questo giorno
1530tutti voglio felici. Ad Osroa io dono
 e regno e libertà. Rendo a Farnaspe
 la sua bella Emirena. Aquilio assolvo
 d'ogni fallo commesso.
 E a te, degno di te, rendo me stesso. (A Sabina)
 SABINA
1535O gioie!
 EMIRENA
                  O tenerezze!
 FARNASPE
 O contento improviso!
 SABINA
 Ecco il vero Adriano. Or lo ravviso.
 FARNASPE
 Deh, Cesare, permetti
 ch'Osroa a te venga.
 ADRIANO
                                       Ah no. Rincrescerebbe
1540a quell'alma sdegnosa
 l'aspetto mio. Con quelle navi istesse
 dov'ora è prigionier, vada sovrano
 dove gli piace. E, se mi vuole amico,
 dite che Augusto il brama e non lo chiede.
1545Sia dono l'amicizia e non mercede.
 FARNASPE
 O magnanimo cor!
 ADRIANO
                                     Tu principessa (Ad Emirena)
 quanto da me dipende
 chiedimi e l'otterrai. Lasciami solo
 la pace del mio cor. Poco è sicura
1550finché appresso mi sei. Subito parti,
 io te ne priego. Ecco il tuo sposo. Il padre
 colà ritroverai. Lieti vivete;
 e tutti tre spargete
 questi deliri miei d'eterno obblio.
 EMIRENA
1555Almen, signor...
 ADRIANO
                                Basta Emirena. Addio.
 CORO
 
    S'oda Augusto infin sull'etra
 il tuo nome ognor così.
 
    E da noi con bianca pietra
 sia segnato il fausto dì.
 
  Segue il ballo di schiavi parti che vengono disciolti da’ guerrieri romani.
 
 FINE DEL DRAMA