L’Adriano in Siria, Venezia, Bettinelli, 1733

 SCENA XI
 
 EMIRENA, FARNASPE e detti
 
 EMIRENA
1445Ah Cesare pietà.
 FARNASPE
                                 Pietà signore.
 ADRIANO
 Di chi?
 EMIRENA
                 Del padre mio.
 FARNASPE
 Dell'oppresso mio re.
 ADRIANO
                                          Roma, il Senato
 deciderà di lui. M'offese a segno
 che non voglio salvarlo;
1450né mi fido al mio sdegno in giudicarlo.
 EMIRENA
 Ma intanto lo punisci. È maggior pena
 questa ad Osroa d'ogni altra.
 ADRIANO
                                                       Omai non voglio
 più sentirne parlar.
 FARNASPE
                                       Dunque non curi
 d'Emirena che piange?
1455Ch'è tua sposa, se vuoi?
 ADRIANO
                                              Sposa?
 FARNASPE
                                                              Non chiede
 che il padre. E quella mano
 che può farti felice
 t'offre in mercede.
 ADRIANO
                                     Ella però nol dice. (A Farnaspe dopo aver guardato Emirena)
 SABINA
 (Aimè!)
 FARNASPE
                   Parla Emirena.
 EMIRENA
                                                 Assai Farnaspe
1460hai parlato per me.
 ADRIANO
                                      Con quanta forza
 all'offerta consente? Eh ch'io conosco
 tutto quel cor. No no. L'odio paterno,
 il suo laccio primiero è troppo forte.
 Mi sarebbe nemica ancor consorte.
 EMIRENA
1465No, Cesare, t'inganni. Il dover mio
 farà strada all'amor. Rivoca il cenno;
 perdona al genitor. Per quel sereno
 raggio del ciel che nel tuo volto adoro,
 per quel sudato alloro (S’inginocchia)
1470che porti al crin, per questa invitta mano
 ch'è sostegno del mondo,
 ch'io bacio e stringo e del mio pianto inondo.
 ADRIANO
 Sorgi. Ah non pianger più. (Chi vide mai
 lagrime così belle? È donna o dea?
1475Quando m'innamorò così piangea).
 SABINA
 (Che spero più?)
 FARNASPE
                                  Risolvi Augusto.
 ADRIANO
                                                                  (Almeno
 fosse altrove Sabina). (Da sé)
 SABINA
 (Il mio scorno è sicuro).
 ADRIANO
 (I rimproveri suoi già mi figuro).
 SABINA
1480(Ah coraggio una volta). Augusto io veggo...
 ADRIANO
 Ma che vedi Sabina? Io non parlai,
 io non risolsi ancor. Già ti quereli,
 già reo mi vuoi. Qual legge mai, qual dritto
 permette di punir pria del delitto?
 SABINA
1485Non adirarti ancor, sentimi e credi
 che non arte d'amore,
 non mascherato sdegno
 in me ti parlerà. Puro nel volto
 tutto il cor mi vedrai.
 ADRIANO
                                          Parla. T'ascolto.
 SABINA
1490Io veggo, Augusto, e 'l vede
 purtroppo ogniun, che t'affatichi invano
 per renderti a te stesso. Ed io, che invece
 di sdegnarmi con te per tanti oltraggi
 sento che più m'accendo,
1495da quel che pruovo a compatirti apprendo.
 Troppo, troppo fatali
 son le nostre ferite. Uno di noi
 dee morirne d'affanno. Io se ti perdo,
 tu se perdi Emirena. Ah non sia vero
1500che per salvar d'inutil donna i giorni
 perisca un tale eroe. Serbati o caro
 alla tua gloria, alla tua patria, al mondo,
 se non a me. D'ogni dover ti sciolgo;
 ti perdono ogni offesa;
1505ed io stessa sarò la tua difesa.
 ADRIANO
 Che dici?
 SABINA
                     A me più non pensar. Saranno
 brevi le pene mie. Morrei contenta,
 se i giorni che 'l dolore (Piange)
 usurpa a me ti raddoppiasse amore.
 ADRIANO
1510Anima generosa,
 degna di mille imperi! Anima grande!
 Qual sovrumano è questo
 eccesso di virtù? Tutti volete
 dunque farmi arrossir? Fedel vassallo
1515tu la sposa mi cedi (A Farnaspe)
 a favor del tuo re. Figlia pietosa
 sagrifichi te stessa (Ad Emirena)
 tu per il padre tuo. Tradita amante (A Sabina)
 non pensi tu che al mio riposo. Ed io,
1520io sol fra tanti forti
 il debole sarò? Né mi nascondo
 per vergogna a' viventi? E siedo in trono?
 E do leggi alla terra? Ah no. Vi sento
 ribollir per le vene
1525spirti di gloria e di virtù. Mi desto
 dal letargo funesto ond'era avvolto;
 son disciolto, son mio. Perdono, o cara,
 o illustre mia liberatrice. Osserva
 quale incendio d'onore
1530m'hai svegliato nell'alma. In questo giorno
 tutti voglio felici. Ad Osroa io dono
 e regno e libertà. Rendo a Farnaspe
 la sua bella Emirena. Aquilio assolvo
 d'ogni fallo commesso.
1535E a te, degno di te, rendo me stesso. (A Sabina)
 SABINA
 O gioie!
 EMIRENA
                  O tenerezze!
 FARNASPE
 O contento improvviso!
 SABINA
 Ecco il vero Adriano. Or lo ravviso.
 FARNASPE
 Deh, Cesare, permetti
1540ch'Osroa a te venga.
 ADRIANO
                                       Ah no. Rincrescerebbe
 a quell'alma sdegnosa
 l'aspetto mio. Con quelle navi istesse
 dov'ora è prigionier, vada sovrano
 dove gli piace. E, se mi vuole amico,
1545dite che Augusto il brama e non lo chiede.
 Sia dono l'amicizia e non mercede.
 FARNASPE
 O magnanimo cor!
 ADRIANO
                                     Tu principessa (Ad Emirena)
 quanto da me dipende
 chiedimi e l'otterrai. Lasciami solo
1550la pace del mio cor. Poco è sicura
 finché appresso mi sei. Subito parti,
 io te ne priego. Ecco il tuo sposo. Il padre
 colà ritroverai. Lieti vivete;
 e tutti tre spargete
1555questi deliri miei d'eterno obblio.
 EMIRENA
 Almen, signor...
 ADRIANO
                                Basta Emirena. Addio.
 CORO
 
    S'oda Augusto infin sull'etra
 il tuo nome ognior così.
 
    E da noi con bianca pietra
1560sia segnato il fausto dì.