Adriano in Siria, Parigi, Quillau, 1755, I

 SCENA VI
 
 ADRIANO ed EMIRENA
 
 ADRIANO
280Dove Emirena?
 EMIRENA
                                A pianger sola. Il pianto
 libero almen mi resti,
 giacché tutto perdei.
 ADRIANO
                                        Nulla perdesti.
 Io perdei la mia pace,
 cara, negli occhi tuoi. L'arbitra sei
285tu della sorte mia. Tu far mi puoi
 o misero o felice
 e del tuo vincitor sei vincitrice.
 EMIRENA
 Più rispetto sperava
 da te la mia virtù. L'animo regio
290non si perde col regno,
 che se 'l regno natio
 era della fortuna, il core è mio.
 ADRIANO
 (Bella fierezza!) E qual oltraggio soffre
 la tua virtù dal mio sincero affetto?
295Posso offrirti, se vuoi,
 e l'impero e la man.
 EMIRENA
                                       No che non puoi.
 Arbitro della terra
 sei servo alla tua Roma. Ella ha rossore
 fra le spose latine
300di contar le regine. È noto a noi
 di Cleopatra il fato,
 l'esule Berenice e Tito ingrato.
 ADRIANO
 Era più nuova allora
 la servitude a Roma. Or per lung'uso
305è al giogo avvezza; e sollevar non osa
 l'incallita cervice.
 EMIRENA
                                   E s'ella il soffre,
 Sabina il soffrirà? Promessa a lei
 è la tua man.
 ADRIANO
                           Nol niego. Anzi ne fui
 tenero amante e l'adorai fedele
310quasi due lustri interi. Alfine eterni
 hanno a durar gli amori? Io non suppongo
 in lei tanta costanza. Avrà cambiato
 senza fallo pensier come d'aspetto
 la mia sorte cambiò. Veduto allora
315non avevo il tuo volto; ero privato;
 ero vicino a lei. Sospiro adesso
 ne' lacci tuoi; porto l'alloro in fronte;
 e Sabina è sul Tebro, io su l'Oronte.