Adriano in Siria, Torino, Reale, 1757, I

 SCENA PRIMA
 
  Galleria negli appartamenti d’Adriano corrispondente a diversi gabinetti.
 
 EMIRENA ed AQUILIO
 
 AQUILIO
 Più oltre, o principessa,
 non è permesso il penetrar. Fra poco
575verrà Cesare a te. Sa che l'attendi;
 non tarderà.
 EMIRENA
                          Ti raccomando, Aquilio,
 il povero Farnaspe. Egli è innocente;
 soccorrilo, proccura
 che Cesare si plachi.
 AQUILIO
                                        E chi placarlo
580potrà meglio di te? Tu del suo core
 regoli i moti a tuo talento. Ogni altra
 miglior uso farebbe
 dell'amor d'un monarca.
 EMIRENA
                                               A me non giova,
 perché non l'amo.
 AQUILIO
                                    È necessario amarlo,
585perch'ei lo creda?
 EMIRENA
                                   E ho da mentir?
 AQUILIO
                                                                   Né pure.
 È la menzogna ormai
 grossolano artifizio e mal sicuro.
 La destrezza più scaltra è oprar di modo
 ch'altri sé stesso inganni. Un tuo sospiro
590interrotto con arte, un tronco accento
 ch'abbia sensi diversi, un dolce sguardo
 che sembri a tuo malgrado
 nel suo furto sorpreso, un moto, un riso,
 un silenzio, un rossor quel che non dici
595farà capir. Son facili gli amanti
 a lusingarsi. Ei giurerà che l'ami;
 e tu, quando vorrai,
 sempre gli potrai dir: «Nol dissi mai».
 EMIRENA
 Aiuto e non consiglio io ti richiedo.
 AQUILIO
600Ed io sempre ho creduto
 che un salubre consiglio è grande aiuto.
 Credimi, principessa...
 Addio. Gente s'appressa.
 Adriano sarà che s'avvicina. (Parte)