Adriano in Siria, Torino, Reale, 1757, I

 SCENA PRIMA
 
 Sala terrena con sedie.
 
 SABINA ed AQUILIO
 
 SABINA
 Come! Ch'io parta! A questo segno è cieco,
1065è ingiusto a questo segno? E di qual fallo
 vuol punirmi Adriano?
 AQUILIO
                                             Ei sa che fosti
 d'Emirena e Farnaspe
 consigliera alla fuga. Ei del custode
 ti crede seduttrice.
1070Se ne querela e dice
 che del trono offendesti
 le sacre inviolabili ragioni,
 che disturbi e scomponi
 gli ordini suoi, che apprenderan, se resti,
1075tutti ad essergli infidi. E con tal arte
 sa i tuoi falli ingrandir che a chi lo sente
 nel punirti così sembra clemente.
 SABINA
 Non può nome di colpa
 un'opra meritar, se ree non sono
1080le cagioni, gli oggetti
 onde fu mossa, ov'è diretta. Io volli
 serbando la sua gloria,
 beneficando una rival di nuovo
 proccurarmi il suo cor. Non l'odio o l'ira
1085mi consigliò ma la pietà, l'amore;
 onde error non commisi o è lieve errore.
 AQUILIO
 Sabina, io lo conosco; e lo conosce
 forse Adriano ancor. Ma giova a lui
 un lodevol pretesto.
 SABINA
                                       E ben mi vegga
1090e n'arrossisca.
 AQUILIO
                             Il comparirgli innanzi
 di vietarti m'impose.
 SABINA
                                          Oh dei! Ma deggio
 partir senza vederlo?
 AQUILIO
                                         Appunto.
 SABINA
                                                             E quando?
 AQUILIO
 Già le navi son pronte.
 SABINA
                                            Un tal comando
 ubbidir non si deve.
 AQUILIO
                                        Ah no. Ti perdi.
1095Parti. Fidati a me. Lo vincerai
 non resistendo. Io cercherò l'istante
 di farlo ravveder.
 SABINA
                                   Ma digli almeno...
 AQUILIO
 Va'. Senz'altro parlar t'intendo appieno.
 SABINA
 
    Digli ch'è un infedele;
1100digli che mi tradì.
 Senti. Non dir così.
 Digli che partirò;
 digli che l'amo.
 
    Ah se nel mio partir
1105lo vedi sospirar,
 tornami a consolar,
 che prima di morir
 di più non bramo. (Parte)