Adriano in Siria, Torino, Reale, 1757, II

 SCENA II
 
 SABINA ed EMIRENA
 
 SABINA
 (Stelle! È qui la rival!)
 EMIRENA
                                            (Numi! È Sabina!)
 SABINA
 Veramente tu sei
 più di quel che credei
 ufficiosa e attenta. Estinto appena
505è l'incendio notturno e già ti trovo
 nelle stanze d'Augusto.
 EMIRENA
                                            Oh dio! Sabina,
 che ingiustizia è la tua? L'amor d'Augusto
 non è mia colpa; è pena mia. M'affanno
 di Farnaspe al periglio; ecco qual cura
510mi guida a queste soglie. Ho da vederlo
 perir così senza parlarne? Alfine
 Farnaspe è l'idol mio. Gli diedi il core;
 e ha remoti principi il nostro amore.
 SABINA
 Parli da senno o fingi?
 EMIRENA
                                            Io fingerei,
515se così non parlassi.
 SABINA
                                       E non t'avvedi
 che parlando per lui Cesare irriti?
 EMIRENA
 Ma non trovo altra via.
 SABINA
                                            Quando tu voglia,
 una miglior ve n'è. Da questa reggia
 fuggi col tuo Farnaspe. È suo custode
520Lentulo il duce; a' miei maggiori ei deve
 quantunque egli è. Se ne rammenta e posso
 promettermi da lui d'un grato core
 anche prove più grandi.
 EMIRENA
                                              Ah! Se potesse
 riuscire il pensier.
 SABINA
                                     Vanne. È sicuro.
525A partir ti prepara. Al maggior fonte
 de' cesarei giardini
 col tuo sposo verrò. Colà m'attendi,
 prima che ascenda a mezzo corso il sole.
 EMIRENA
 Ma verrai? Del destino
530son tanto usata a tollerar lo sdegno...
 SABINA
 Ecco la destra mia. Prendila in pegno.
 EMIRENA
 Ah, che a sì gran contento
 è quest'anima angusta!
 Oh me felice! Oh generosa Augusta!
 
535   Per te d'eterni allori
 germogli il suol romano;
 de' numi il mondo adori
 il più bel dono in te.
 
    E quell'augusta mano,
540che porgermi non sdegni,
 regga il destin de' regni,
 la libertà de' re. (Parte)