L’olimpiade, Vienna, van Ghelen, 1733

 SCENA XII
 
 LICIDA e poi ARGENE
 
 LICIDA
 A me barbaro! Oh numi!
 Perfido a me? Voglio seguirla; e voglio
870sapere almen che strano enigma è questo.
 ARGENE
 Fermati, traditor.
 LICIDA
                                   Sogno o son desto! (Riconosce Argene)
 ARGENE
 Non sogni no; son io
 l'abbandonata Argene. Anima ingrata
 riconosci quel volto
875che fu gran tempo il tuo piacer. Se pure
 in sorte sì funesta
 delle antiche sembianze orma vi resta.
 LICIDA
 (Donde viene? In qual punto
 mi sorprende costei? Se più mi fermo
880Aristea non raggiungo). Io non intendo
 bella ninfa i tuoi detti. Un'altra volta
 potrai meglio spiegarti. (Vuol partire)
 ARGENE
                                               Indegno, ascolta. (Trattenendolo)
 LICIDA
 (Misero me!)
 ARGENE
                            Tu non m'intendi? Intendo
 ben io la tua perfidia. I nuovi amori,
885le frodi tue tutte riseppi; e tutto
 saprà da me Clisthene
 per tua vergogna. (Vuol partire)
 LICIDA
                                    Ah no. Sentimi Argene. (Trattenendola)
 Non sdegnarti. Perdona
 se tardi ti ravviso. Io mi rammento
890gli antichi affetti e se tacer saprai,
 forse... Chi sa?
 ARGENE
                              Si può soffrir di questa
 ingiuria più crudel? «Chi sa» mi dici!
 Invero io son la rea. Picciole pruove
 di tua bontà non sono
895le vie che m'offri a meritar perdono.
 LICIDA
 Ascolta. Io volli dir... (Vuol prenderla per mano)
 ARGENE
                                         Lasciami ingrato;
 non ti voglio ascoltar. (Lo rigetta)
 LICIDA
                                          (Son disperato).
 ARGENE
 
    No, la speranza
 più non m'alletta.
900Voglio vendetta,
 non chiedo amor.
 
    Pur che non goda
 quel cor spergiuro,
 nulla mi curo
905del mio dolor. (Parte)