L’olimpiade, Vienna, van Ghelen, 1733

 SCENA VII
 
 MEGACLE fra le guardie e detti
 
 LICIDA
1270Ah vieni illustre esempio
 di verace amistà. Megacle amato,
 caro Megacle vieni.
 MEGACLE
                                      Ah qual ti trovo
 povero prence!
 LICIDA
                               Il rivederti in vita
 mi fa dolce la morte.
 MEGACLE
                                        E che mi giova
1275una vita che invano
 voglio offrir per la tua. Ma molto innanzi
 Licida non andrai. Noi passeremo
 ombre amiche, indivise il guado estremo.
 LICIDA
 O delle gioie mie, de' miei martiri,
1280finché piacque al destin, dolce compagno.
 Separarci convien. Poiché siam giunti
 agli ultimi momenti
 quella destra fedel porgimi e senti;
 sia preghiera o comando
1285vivi; io bramo così. Pietoso amico
 chiudimi tu di propria mano i lumi.
 Ricordati di me. Ritorna in Creta
 al padre mio... (Povero padre! A questo
 preparato non sei colpo crudele).
1290Deh tu l'istoria amara
 raddolcisci narrando. Il vecchio afflitto
 reggi, assisti, consola,
 lo raccomando a te. Se piange, il pianto
 tu gli asciuga sul ciglio;
1295e in te, se un figlio vuol, rendigli un figlio.
 MEGACLE
 Taci. Mi fai morir.
 CLISTHENE
                                     Non posso Alcandro
 resister più. Guarda que' volti; osserva
 que' replicati amplessi,
 que' teneri sospiri, e que' confusi
1300fra le lagrime alterne ultimi baci.
 Povera umanità!
 ALCANDRO
                                  Signor trascorre
 l'ora permessa al sacrificio.
 CLISTHENE
                                                    È vero.
 Olà sacri ministri
 la vittima prendete. E voi custodi
1305dall'amico infelice
 dividete colui. (Son divisi da’ sacerdoti e da’ custodi)
 MEGACLE
                              Barbari, ah voi
 avete dal mio sen svelto il cor mio.
 LICIDA
 Ah dolce amico!
 MEGACLE
                                Ah caro prence!
 LICIDA, MEGACLE A DUE
                                                               Addio. (Guardandosi da lontano)
 CORO
 
    I tuoi strali terror de' mortali
1310ah sospendi gran padre de' numi,
 ah deponi gran nume de' re. (Nel tempo che si canta il coro, Licida va ad inginocchiarsi a piè dell’ara appresso al sacerdote. Il re prende la sacra scure che gli vien presentata sopra un bacile da uno de’ ministri del tempio. E nel porgerla al sacerdote canta i seguenti versi, accompagnati da grave sinfonia)
 
 CLISTHENE
 O degli uomini padre e degli dei
 onnipotente Giove
 al cui cenno si muove
1315il mar, la terra, il ciel, di cui ripieno
 è l'universo, e dalla man di cui
 pende d'ogni cagione e d'ogni evento
 la connessa catena,
 questa che a te si svena
1320sacra vittima accogli; essa i funesti
 che ti splendono in man folgori arresti. (Nel porgere la scure al sacerdote viene interrotto da Argene)