Adriano in Siria, Vienna, van Ghelen, 1732

 ADRIANO IN SIRIA
 
 
    Drama per musica da rappresentarsi nella cesarea corte per il nome gloriosissimo della sacra cesarea e cattolica real maestà di Carlo VI, imperadore de’ Romani sempre augusto, per comando della sacra cesarea e cattolica real maestà di Elisabetta Cristina, imperadrice regnante, l’anno MDCCXXXII.
    La poesia è del signor abbate Pietro Metastasio, poeta di sua maestà cesarea e cattolica. La musica è del signor Antonio Caldara, vicemaestro di capella di sua maestà cesarea e cattolica.
    Vienna d’Austria, appresso Giovanni Pietro van Ghelen, stampatore di corte di sua maestà cesarea e regia cattolica.
 
 
 ARGOMENTO
 
    Era in Antiochia Adriano e già vincitore de’ Parti, quando fu sollevato all’impero. Ivi fra gli altri prigionieri ritrovavasi ancora la principessa Emirena, figlia del re superato, dalla beltà della quale aveva il nuovo cesare mal difeso il suo cuore, benché promesso da gran tempo innanzi a Sabina, nipote del suo benefico antecessore. Il primo uso, ch’egli fece della suprema potestà, fu il concedere generosamente la pace a’ popoli debellati e l’invitare in Antiochia i principi tutti dell’Asia ma particolarmente Osroa, padre della bella Emirena. Desiderava egli ardentemente le nozze di lei ed avrebbe voluto che le credesse ogn’altro un vincolo necessario a stabilire una perpetua amistà fra l’Asia e Roma. E forse il credeva egli stesso, essendo errore purtroppo comune, scambiando i nomi alle cose, il proporsi come lodevol fine ciò che non è se non un mezzo onde appagar la propria passione. Ma il barbaro re, implacabil nemico del nome romano, benché ramingo e sconfitto, disprezzò l’amichevole invito e portossi sconosciuto in Antiochia come seguace di Farnaspe, principe a lui tributario cui sollecitò a liberare e con preghiere e con doni la figlia prigioniera, ad esso già promessa in isposa, per poter egli poi, tolto un sì caro pegno dalle mani del suo nemico, tentar liberamente quella vendetta che più al suo disperato furor convenisse. Sabina intanto, intesa l’elezzione del suo Adriano all’impero e nulla sapendo de’ nuovi affetti di lui, corse impaziente da Roma in Siria a trovarlo ed a compir seco il sospirato imeneo. Le dubbiezze di Cesare fra l’amore per la principessa de’ Parti e la violenza dell’obbligo che lo richiama a Sabina, la virtuosa toleranza di questa, l’insidie del feroce Osroa, delle quali cade la colpa su l’innocente Farnaspe, e le smanie d’Emirena, or ne’ pericoli del padre, or dell’amante ed or di sé medesima, sono i moti fra’ quali a poco a poco si riscuote l’addormentata virtù d’Adriano, che vincitore alfine della propria passione rende il regno al nemico, la consorte al rivale, il cuore a Sabina e la sua gloria a sé stesso (Dione Cassio, libro XIX; Spartianus, In vita Hadriani caesaris).
 
 INTERLOCUTORI
 
 ADRIANO imperadore, amante d’Emirena
 OSROA re de’ Parti, padre d’Emirena
 EMIRENA prigioniera d’Adriano, amante di Farnaspe
 SABINA amante e promessa sposa d’Adriano
 FARNASPE principe parto, amico e tributario d’Osroa, amante e promesso sposo d’Emirena
 AQUILIO tribuno, confidente d’Adriano ed amante occulto di Sabina
 
    L’azzione si rappresenta in Antiochia.
 
    Comparse di soldati romani e schiavi parti con Adriano; di cavalieri, matrone romane e paggi con Sabina; d’incendiari parti con Osroa; di soldati e nobili parti con Farnaspe; di paggi con Emirena
 
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Nell’atto primo: gran piazza d’Antiochia magnificamente adorna di trofei militari, composti d’insegne, armi ed altre spoglie de’ barbari superati, trono imperiale da un lato, ponte sul fiume Oronte che divide la città suddetta; appartamenti destinati ad Emirena nel palazzo imperiale; cortili del palazzo imperiale con veduta interrotta d’una parte del medesimo che soggiace ad incendio ed è poi diroccata da guastatori, notte.
    Nell’atto secondo: galleria negli appartamenti d’Adriano corrispondente a diversi gabinetti; deliziosa per cui si passa a’ serragli di fiere.
    Nell’atto terzo: sala terrena con sedie; luogo magnifico del palazzo imperiale, scale ornate di statue per cui si scende alle ripe dell’Oronte, navi sul fiume, veduta di campagna e giardini sull’opposta sponda.
    Le scene furono vaga invenzione del signor Antonio Galli Bibiena, secondo ingegnere teatrale di sua maestà cesarea e cattolica.
 
 
 BALLI
 
    Nel fine dell’atto primo: ballo di guastatori, i quali estinguono l’incendio del palazzo imperiale, diroccandone una parte, e poi danzano in segno d’allegrezza.
    Nel fine dell’atto secondo: ballo di custodi del serraglio, rappresentante una caccia di fiere.
    Nel fine dell’atto terzo: ballo di schiavi parti che vengono disciolti da’ guerrieri romani.
    Il primo e il terzo ballo furono vagamente concertati dal signor Simon Pietro Levassori della Motta, maestro di ballo di sua maestà cesarea e cattolica.
    Il secondo ballo fu altresì vagamente concertato dal signor Alessandro Phillebois, maestro di ballo di sua maestà cesarea e cattolica, con l’arie per i suddetti balli del signor Niccola Matteis, direttore della musica instrumentale di sua maestà cesarea e cattolica.