Ciro riconosciuto, Torino, Reale, 1757

 CIRO RICONOSCIUTO
 
 
 ARGOMENTO
 
    Il crudelissimo Astiage, ultimo re de’ Medi, in occasione del parto della sua figliuola Mandane, dimandò spiegazione agl’indovini sopra alcun suo sogno e gli fu da loro predetto che il nato nipote dovea privarlo del regno; ond’egli per prevenir questo rischio, ordinò ad Arpago che uccidesse il picciolo Ciro, che tal era il nome del nato infante, e divise Mandane dal consorte Cambise, rilegando questo in Persia e ritenendo l’altra appresso di sé, affinché non nascesser da loro insieme con altri figli nuove cagioni a’ suoi timori. Arpago non avendo coraggio di eseguir di propria mano così barbaro comando, recò nascostamente il bambino a Mitridate, pastore degli armenti reali, perché l’esponesse in un bosco. Trovò che la consorte di Mitridate avea in quel giorno appunto partorito un fanciullo ma senza vita; onde la natural pietà, secondata dal comodo del cambio, persuase ad entrambi ch’esponesse Mitridate il proprio figliuolo già morto ed il picciol Ciro, sotto nome d’Alceo, in abito di pastore in luogo di quello educasse. Scorsi da questo tempo presso a tre lustri, destossi una voce che Ciro ritrovato in una foresta bambino fosse stato dalla pietà d’alcuno conservato e che fra gli Sciti vivesse. Vi fu impostore così ardito che approfittandosi di questa favola, o avendola forse a bello studio inventata, assunse il nome di Ciro. Turbato Astiage a tal novella, fece a sé venire Arpago e dimandollo di nuovo se avesse egli veramente ucciso il picciolo Ciro, quando gli fu imposto da lui. Arpago, che dagli esterni segni avea ragion di sperare che fosse pentito il re, stimò questa una opportuna occasione di tentar l’animo suo e rispose di non avere avuto coraggio d’ucciderlo ma d’averlo esposto in un bosco, preparato a scoprir tutto il vero, quando il re si compiacesse della sua pietosa disubbidienza, e sicuro frattanto che, quando se ne sdegnasse, non potean cadere i suoi furori che sul finto Ciro di cui con questa dimezzata confessione accreditava l’impostura. Sdegnossi Astiage ed in pena del trasgredito comando privò Arpago d’un figlio e con sì barbare circostanze che non essendo necessarie all’azione che si rappresenta trascuriamo volentieri di rammentarle. Sentì trafiggersi il cuore l’infelice Arpago nella perdita del figlio. Ma pure avido di vendetta non lasciò di libertà alle smanie paterne se non quanta ne bisognava, perché la soverchia tranquillità non iscemasse credenza alla sua simulata rassegnazione; fece credere al re che nelle lagrime sue avesse parte maggiore il pentimento del fallo che il dolor del castigo; e rassicurollo a segno che, se non gli rese interamente la confidenza primiera, almeno non si guardava da lui. Incominciarono quindi Arpago a meditar le sue vendette e Astiage le vie d’assicurarsi il trono con l’oppressione del creduto nipote. Il primo si applicò a sedurre, ad irritare i grandi contro del re e ad eccitare il principe Cambise fino in Persia, dove viveva in esilio. Il secondo a simular pentimento della sua crudeltà usata contro di Ciro e tenerezza per lui, desiderio di rivederlo e risoluzione di riconoscerlo per suo successore. Ed all’uno ed all’altro riuscì così felicemente il disegno che non mancava ormai che lo stabilimento del giorno e del luogo ad Arpago per opprimere il tiranno con l’acclamazione del vero Ciro, ad Astiage per aver nelle sue forze il troppo credulo impostore col mezzo d’un fraudolento invito. Era costume de’ re di Media il celebrare ogn’anno su’ confini del regno, dov’erano appunto le capanne di Mitridate, un solenne sacrifizio a Diana. Il giorno e il luogo di tal sagrifizio, che saran quelli dell’azione che si rappresenta, parvero opportuni ad entrambi all’esecuzione de’ loro disegni. Ivi per vari accidenti ucciso il finto Ciro, scoperto ed acclamato il vero, si vide Astiage assai vicino a perdere il regno e la vita; ma difeso dal generoso nipote, pieno di rimorso e di tenerezza depone su la fronte di lui il diadema reale e lo conforta sul proprio esempio a non abusarne com’egli ne avea abusato (Erodoto, Clio, libro I; Giustino, libro I; Ctesia, Historiae excerpta; Valerius Maximus, liber I, capitulum VII, eccetera).
    L’azione si rappresenta in una campagna su’ confini della Media.
 
 
 INTERLOCUTORI
 
 ASTIAGE re de’ Medi, padre di Mandane
 MANDANE moglie di Cambise, madre di Ciro
 CIRO sotto nome d’Alceo in abito di pastore, creduto figlio di Mitridate
 ARPAGO confidente d’Astiage, padre d’Arpalice
 ARPALICE confidente di Mandane
 MITRIDATE pastore degli armenti reali
 CAMBISE principe persiano, consorte di Mandane e padre di Ciro, in abito pastorale