Zenobia, Vienna, van Ghelen, 1737

 ZENOBIA
 
 
    Dramma per musica da rappresentarsi nell’imperial Favorita, festeggiandosi il felicissimo giorno natalizio della sacra cesarea e cattolica real maestà di Elisabetta Cristina, imperadrice regnante, per comando della sacra cesarea e cattolica real maestà di Carlo VI, imperadore de’ Romani sempre augusto, l’anno MDCCXXXVII.
    La poesia è del signor abbate Pietro Metastasio, poeta di sua maestà cesarea e cattolica. La musica è del signor Giovanni Bononcini, arcade e filarmonico.
    Vienna d’Austria, appresso Giovanni Pietro van Ghelen, stampatore di corte di sua maestà cesarea e regia cattolica.
 
 
 ARGOMENTO
 
    La virtuosa Zenobia figliuola di Mitridate re d’Armenia amò lungamente il principe Tiridate fratello del re de’ Parti; ma a dispetto di questo suo tenerissimo amore, obbligata da un comando paterno, divenne secretamente sposa di Radamisto figliuolo di Farasmane re d’Iberia. Gran pruova della virtù di Zenobia fu questa ubbidienza di figlia ma ne diede maggiori la sua fedeltà di consorte.
    Ucciso poco dopo le occulte nozze il re Mitridate, ne fu creduto reo Radamisto; e, benché il tradimento e l’impostura venisse da Farasmane padre ma nemico di lui, fu costretto a salvarsi fuggendo dalle furie de’ sollevati armeni. Abbandonato da tutti, non ebbe altro compagno nella sventura che la costante sua sposa. Volle questa risolutamente seguirlo ma non resistendo poi al disagio del lungo e precipitoso corso, giunta sulle rive dell’Arasse, si ridusse all’estremità di pregare il consorte che l’uccidesse, pria che lasciarla in preda de’ vicini persecutori. Era fra queste angustie l’infelice principe, quando vide comparir da lontano le insegne di Tiridate, il quale ignorando il segreto imeneo di Zenobia veniva con la sicura speranza di conseguirla. Le riconobbe Radamisto ed invaso in un tratto dalle furie di gelosia, sua dominante passione, snudò il ferro e disperatamente trafisse la consorte e sé stesso, egualmente incapace di soffrirla nelle braccia del suo rivale che di sopravvivere a lei. Indeboliti dalla natural repugnanza, non furono i colpi mortali; caddero bensì semivivi entrambi, uno su le ripe, l’altra nell’acque dell’Arasse. Egli ravvolto fra’ cespugli di quelle deluse le ricerche de’ persecutori e fu poi da mano amica assistito; ella trasportata dalla corrente del fiume fu scoperta e salvata da pietosa pastorella che la trasse alla sponda, la condusse alla sua capanna e la curò di sua mano.
    Quindi comincia l’azione del dramma in cui le illustri prove della fedeltà di Zenobia verso il consorte sorprendono a tal segno lo stesso abbandonato Tiridate, che trasportato questi da una gloriosa emulazione di virtù, quando potrebbe farsi possessor di lei, opprimere Radamisto ed occupare il regno d’Armenia, rende ad essa lo sposo, la libertà al rivale e ristabilisce entrambi generosamente sul trono.
    Il fondamento della favola è tratto dal XII libro degli Annali di Tacito.
 
 
 PERSONAGGI
 
 ZENOBIA principessa d’Armenia moglie di Radamisto
 (la signora Teresa Reütterin)
 RADAMISTO principe d’Iberia
 (il signor Pietro Casati)
 TIRIDATE principe parto amante di Zenobia
 (il signor Felice Salimbeni)
 EGLE pastorella che poi si scopre sorella di Zenobia
 (la signora Barbara Pisani)
 ZOPIRO falso amico di Radamisto ed amante di Zenobia
 (il signor Cristoforo Praun)
 MITRANE confidente di Tiridate
 (il signor Gaetano Borghi)
 
    Comparse di seguaci di Zopiro, nobili e soldati con Tiridate
 
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Nell’atto primo: fondo sassoso di cupa ed oscura valle orrida per le scoscese rupi che la circondano e per le foltissime piante che la sovrastano; vastissima campagna, irrigata dal fiume Arasse sparsa da un lato di capanne pastorali e terminata dall’altro dalle falde d’amenissime montagne, a piè della più vicina di queste comparisce l’ingresso di rustica grotta tutto d’edera e di spini ingombrato, vedesi in lontano di là dal fiume la real città d’Artassata con magnifico ponte che vi conduce, su le rive opposte l’esercito parto attendato.
    Nell’atto terzo: bosco; deliziosa de’ re d’Armenia abitata da Tiridate.
    Le suddette scene furono rara invenzione del signor Giuseppe Galli Bibiena, primo ingegniere teatrale ed architetto di sua maestà cesarea e cattolica.
 
 
 BALLI
 
    Nel fine dell’atto primo di silvani e driadi che escono da’ tronchi delle quercie.
    Nel fine dell’atto secondo di pescatori e pescatrici e di soldati parti.
    Nel fine dell’atto terzo di nobili armeni e parti.
    Li suddetti balli furono vagamente concertati dal signor Alessandro Philibois, maestro di ballo di sua maestà cesarea e cattolica, con l’arie per i suddetti balli del signor Niccola Matteis, direttore della musica instrumentale di sua maestà cesarea e cattolica.