Attilio Regolo, Friedrichstadt, Harpeter, 1750

 ATTILIO REGOLO
 
 
    Dramma per musica rappresentato nel teatro della regia elettoral corte di Dresda, nel carnovale dell’anno MDCCL.
    La poesia è del signor abbate Pietro Metastasio, poeta di sua maestà cesarea e reale d’Ungheria, Boemia, eccetera. La musica è del signor Giovanni Adolfo Hasse, maestro di capella di sua maestà reale di Pollonia ed elettorale di Sassonia, eccetera.
    Friedrichstadt, appresso la vedova Harpeter.
 
 
 ARGOMENTO
 
    Fra i nomi più gloriosi de’ quali andò superba la romana republica ha, per consenso di tutta l’antichità, occupato sempre distinto luogo il nome d’Attilio Regolo, poiché non sacrificò solo a pro della patria il sangue, i sudori e le cure sue, ma seppe rivolgere a vantaggio della medesima fin le proprie disavventure.
    Carico già d’anni e di merito trovossi egli sventuratamente prigioniero in Cartagine, quando quella città atterrita dalla fortuna dell’emula Roma si vide costretta, per mezzo d’ambasciadori, a procurar pace da quella o il cambio almeno de’ prigionieri. La libertà che sarebbe ridondata ad Attilio Regolo dalla esecuzione di tai proposte fe’ crederlo a’ Cartaginesi opportuno stromento per conseguirla; onde insieme con l’ambasciadore africano lo inviarono a Roma, avendolo prima obbligato a giurar solennemente di rendersi alle sue catene, quando nulla ottenesse. All’inaspettato arrivo di Regolo proruppero in tanti trasporti di tenera allegrezza i Romani, in quanti di mestizia e desolazione eran già cinque anni innanzi trascorsi all’infausto annuncio della sua schiavitù. E per la libertà di sì grande eroe sarebbe certamente paruta loro leggiera qualunque gravissima condizione. Ma Regolo invece di valersi a suo privato vantaggio del credito e dell’amore ch’egli avea fra’ suoi cittadini, l’impiegò tutto a dissuader loro d’accettar le nemiche insidiose proposte; e lieto d’avergli persuasi, fra le lagrime de’ figli, fra le preghiere de’ congiunti, fra le istanze degli amici, del Senato e del popolo tutto, che affollati d’intorno a lui si affannavano per trattenerlo, tornò religiosamente all’indubitata morte che in Africa l’attendeva, lasciando alla posterità un così portentoso esempio di fedeltà e di costanza (Appiano, Zonara, Cicerone, Orazio ed altri).
    La scena si finge fuori di Roma, ne’ contorni del tempio di Bellona.
 
 
 PERSONAGGI
 
 REGOLO
 (il signor Domenico Annibali)
 MANLIO console
 (il signor Angelo Amorevoli)
 ATTILIA
 (la signora Faustina Hasse)
                                              figliuoli di Regolo
 PUBLIO
 (la signora Regina Mingotti)
 BARCE nobile africana schiava di Publio
 (la signora Rosa Negri Pavona)
 LICINIO tribuno della plebe, amante d’Attilia
 (il signor Giuseppe Schuster)
 AMILCARE ambasciatore di Cartagine, amante di Barce
 (il signor Ventura Rocchetti)
 
 Coro di romani
 
    Comparse di senatori, patrizi romani o clienti, littori con Manlio; paggi mori con Attilia; popolo romano con Licinio; africani con Amilcare
 
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Nell’atto primo: atrio nel palazzo suburbano del console Manlio, spaziosa scala che introduce a’ suoi appartamenti; parte interna del tempio di Bellona, sedili per i senatori romani e per gli oratori stranieri, littori che custodiscono diversi ingressi del tempio, da’ quali veduta del Campidoglio e del Tevere.
    Nell’atto secondo: logge a vista di Roma nel palazzo suburbano destinato agli ambasciadori cartaginesi; galleria nel palazzo medesimo.
    Nell’atto terzo: sala terrena corrispondente a’ giardini; portici magnifici su le rive del Tevere, navi pronte nel fiume per l’imbarco di Regolo, ponte che conduce alla più vicina di quelle, popolo numeroso che impedisce il passaggio alle navi, africani su le medesime, littori col console.
    Le suddette scene furono rara invenzione del signor Giuseppe Galli Bibiena, primo ingegniere teatrale ed architetto di sua maestà reale di Pollonia ed elettorale di Sassonia, eccetera.