Attilio Regolo, Parigi, Hérissant, 1781

 ATTILIO REGOLO
 
 
    Dramma scritto dall’autore in Vienna, d’ordine dell’imperatrice Elisabetta, per doversi produrre in occasione di festeggiare il prossimo giorno di nome dell’augustissimo suo consorte Carlo VI, il dì 4 novembre 1740. Ma, avendo egli cessato di vivere prima della preparata solennità, rimase occulto il dramma per lo spazio di anni dieci, dopo i quali mandato dall’autore a richiesta di Augusto III, re di Polonia, fu nella corte di Dresda con reale magnificenza la prima volta rappresentato con musica dell’Hasse alla presenza de’ sovrani, nel carnevale dell’anno 1750.
 
 
 ARGOMENTO
 
    Fra i nomi più gloriosi, de’ quali andò superba la romana repubblica, ha per consenso di tutta l’antichità occupato sempre distinto luogo il nome d’Attilio Regolo, poiché non sacrificò solo a pro della patria il sangue, i sudori e le cure sue, ma seppe rivolgere a vantaggio della medesima fin le proprie disavventure.
    Carico già d’anni e di merito trovossi egli sventuratamente prigioniero in Cartagine, quando quella città, atterrita dalla fortuna dell’emula Roma, si vide costretta, per mezzo d’ambasciadori, a proccurar pace da quella o il cambio almeno de’ prigionieri. La libertà, che sarebbe ridondata ad Attilio Regolo dalla esecuzione di tai proposte, fe’ crederlo a’ Cartaginesi opportuno stromento per conseguirle; onde insieme con l’ambasciadore africano lo inviarono a Roma, avendolo prima obbligato a giurar solennemente di rendersi alle sue catene, quando nulla ottenesse. All’inaspettato arrivo di Regolo proruppero in tanti trasporti di tenera allegrezza i Romani, in quanti di mestizia e di desolazione eran già cinque anni innanzi trascorsi all’infausto annunzio della sua schiavitù. E per la libertà di sì grande eroe sarebbe certamente paruta loro leggiera qualunque gravissima condizione; ma Regolo, invece di valersi a suo privato vantaggio del credito e dell’amore ch’egli avea fra’ suoi cittadini, l’impiegò tutto a dissuader loro d’accettar le nemiche insidiose proposte. E lieto d’averli persuasi, fra le lagrime de’ figli, fra le preghiere de’ congiunti, fra le istanze degli amici, del Senato e del popolo tutto, che affollati d’intorno a lui si affannavano per trattenerlo, tornò religiosamente all’indubitata morte che in Africa l’attendeva, lasciando alla posterità un così portentoso esempio di fedeltà e di costanza (Appiano, Zonara, Cicerone, Orazio ed altri).
 
 
 INTERLOCUTORI
 
 REGOLO
 MANLIO consolo
 ATTILIA, PUBLIO figliuoli di Regolo
 BARCE nobile africana, schiava di Publio
 LICINIO tribuno della plebe, amante d’Attilia
 AMILCARE ambasciadore di Cartagine, amante di Barce
 
    La scena si finge fuori di Roma, nel contorno del tempio di Bellona.