Metrica: interrogazione
107 settenari (pezzi chiusi) in Nitteti R 
   Tu sai che amante io sono,
tu sai la sorte mia.
Ah chi pietà desia
non può negar pietà.
   Della pietà che io dono
quella ch'io bramo è pegno,
che di pietade è indegno
chi compatir non sa. (Parte)
   Si scordi i suoi tiranni,
sollevi il ciglio afflitto,
ponga in obblio l'Egitto
gli affanni che provò.
   Se il cielo è più sereno,
se fausti raggi or spande,
Amasi il giusto, il grande
è l'astro che spuntò.
   Si scordi i suoi tiranni,
sollevi il ciglio afflitto,
ponga in obblio l'Egitto
gli affanni che provò.
   In dì così ridente
esulti il Nilo e scopra
l'oscura sua sorgente
che fino ad or celò.
   Si scordi i suoi tiranni,
sollevi il ciglio afflitto,
ponga in obblio l'Egitto
gli affanni che provò.
   Si scordi i suoi tiranni,
sollevi il ciglio afflitto,
ponga in obblio l'Egitto
gli affanni che provò.
   Già vendicato sei;
già tua conquista io sono;
più non t'invidio il trono,
padre t'adoro e re.
   Tutto dai fausti dei,
tutto or l'Egitto attenda
e in me frattanto apprenda
che può sperar da te. (Parte accompagnata da Sammete, Bubaste e porzione del seguito reale)
   Tutte finor dal cielo
incominciai le imprese;
e tutte il ciel cortese
le secondò finor.
   Ah sia propizio a questa
ei che di fé, di zelo
le belle idee mi desta,
ei che mi vede il cor. (Parte)
   Povero cor, tu palpiti
né a torto in questo dì
tu palpiti così,
   Si tratta, oh dio! di perdere
per sempre il caro ben
che di sua mano in sen
   Povero cor, tu palpiti
né a torto in questo dì
tu palpiti così,
   Mi sento il cor trafiggere,
presso a morir son io;
e non conosco, oh dio!
chi mi trafigge il cor.
   Non so dove mi volgere,
indarno i numi invoco;
e il duolo a poco a poco
degenera in furor. (Parte)
   Se fra gelosi sdegni
v'è alcun che soffra e taccia,
deh per pietà m'insegni
come si può tacer.
   Come si tiene ascoso
quell'impeto geloso
che tutti esprime in faccia
i moti del pensier. (Parte)
   Guardami, padre amato.
Lasciami, figlio ingrato.
Amor ti dia consiglio.
È troppo ingrato il figlio.
Ingrato ah non son io.
Eccede il tuo rigor.
   In quante parti, oh dio,
mi si divide il cor!
   Signor, de' falli miei
sai la cagion qual è.
   Non ti scordar che sei
pria genitor che re.
   (In tal cimento, oh dei,
chi mai si vide ancor?) (Partono da diverse parti)
   Se un tenero disprezza
pietoso padre in me,
d'un giudice e d'un re
   Sarebbe or debolezza
d'Amasi la pietà.
Amasi non avrà
   La mia virtù sicura
parla d'entrambi al cor;
dal figlio il genitor
   Saria d'ogni sventura
fra lor comune il duolo
e chi ne salva un solo
   Decisa è la mia sorte;
tutto cangiò d'aspetto;
più non mi trovo in petto
né speme né timor.
   La vita ormai, la morte,
il trono e le ritorte
indifferente oggetto
divennero al mio cor. (Parte con Bubaste)

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