Nota ai testi

Testimoni

Origine e cerniera della tradizione metastasiana sarebbero gli autografi, se ci fossero, e in mancanza di questi la princeps, destinata alle scene italiane, agli Asburgo, ai Borboni o alla corte elettorale di Dresda. Talora il testo eseguito al debutto è già modificato rispetto all'intenzione del poeta, per esempio con la soppressione di uno o più versi, indicata dalle virgolette a margine e qui segnalata in Apparato. Senza por tempo in mezzo, dopo la prima entrano in gioco due potenti mercati, quello della produzione teatrale e quello della carta stampata che dà origine ai best sellers destinati alla lettura. Labile il confine tra le poche raccolte promosse dall'autore (B, Q, R e H) e le decine di abusive, sia perché la situazione può cambiare in corso d'opera, sia perché la correzione delle bozze si avvale dell'aiuto di terzi per le rifiniture, analogamente a quanto avviene in bottega per le arti figurative. Inoltre le stampe raffazzonate discendono spesso da quelle riconosciute per buone dal poeta, anche se talora, per rendere il nuovo prodotto più appetibile rispetto al precedente, aggiungono attribuzioni fasulle che contribuiscono a formare la vulgata metastasiana.
L'altro mercato interessato al business, quello teatrale, alimenta una vasta tradizione manoscritta legata alle partiture che a prima vista sembrerebbero portare un testo musicale e uno verbale, talora inattendibile, ma conservano in realtà un solo oggetto inscindibile, che è l'opera, da cui estrarre il libretto equivale a isolare la melodia del primo violino. Partitura e arie staccate, che in molti casi straordinariamente intricati, ma non in questo, sono essenziali per confortare l'attribuzione o la congettura, percorrono strade proprie nel baule degli addetti ai lavori e sfuggono al controllo dell'autore che affida le parole al compositore una volta per tutte.
Per ogni allestimento i teatri promuovono ristampe di singoli drammi che attestano le modifiche apportate dai professionisti per adeguare l'opera alla situazione del momento. Ma lo stesso Metastasio, benché a volte deplori questa prassi diffusa (Lettere, III, pp. 781, 794, 853, 1151), suggerisce a Farinello i tagli da praticare (Lettere, III, p. 769) e non lesina la sua benedizione ai cambiamenti fatti da altri (Lettere, III, p. 370; IV, pp. 598, 797-798; V, pp. 303, 308, 478). Per esempio nella princeps di Nitteti il cantante che impersona il faraone Amasi arriva in scena trasportato da un cavallo anziché dal sontuoso elefante bianco previsto dal poeta che però elargisce un esplicito consenso alla modifica di regia, scrivendo all'amico Farinello, incaricato di montare la messinscena a Madrid: «Venga l'egizio sopra un carro o sopra un elefante, so che lo farete venire degnamente e che sarà vostra cura l'ottener che la comparsa abbia tutta quell'aria di fasto barbaro ch'io mi sono immaginato» (Lettere, III, p. 1076). Ma ripubblicando Nitteti nelle collane successive (R e H), Metastasio non rinuncia all'idea originaria, restaurando la didascalia con l'elefante e con tutto l'armamentario di «carri e cammelli» (Lettere, III, p. 1167). Labile quindi anche il confine tra lezioni di scena e d'autore, destinate comunque a raggiungere il medesimo scopo, sottoponendo il testo ad analogo trattamento.
Questo sito riporta H pari pari, dato che l'edizione elettronica esonera dall'obbligo di scegliere e di promuovere una versione: quindi Catone con due finali e Adriano con due licenze. Inoltre contiene le redazioni precedenti che, se non si possono definire d'autore tout court, sono conservate dalle raccolte autorizzate in tutto o in parte dallo stesso Metastasio: B fino al 1745, Q e R. Infine riproduce le principes censite ad abundantiam: Siroe P1 citato in H, P2 (= Q, R e H) e P3; Catone P1 e P2 (= P3) col finale rifatto; Ezio P1, dimenticato in H, e P2 (= Q, R e H); per analogia tutte le altre coproduzioni romane e veneziane coeve del periodo italiano fino al 1730 (Didone P1 e P2, Semiramide P1 e P2, Artaserse P1 e P2); i rifacimenti spagnoli se tramandati (Didone P3, Semiramide P3, Demetrio P2, Adriano P2); Zenobia P1, ignorata in H, e P2 (= Q, R e H); le doppie edizioni di Vienna (Re pastore P1 e P2) e di Dresda (Antigono P1 e P2). Per quest'ultimo, sospettando l'esistenza di tirature diverse per la prima, sono stati consultati tutti gli esemplari censiti in Sartori, compresi due non inseriti qui perché recano un reimprimatur del 13 marzo 1744, rilasciato dal Sant'Uffizio ambrosiano per una ristampa milanese (I-Fm = I-Mcom; pp. 58). Invece resta escluso un possibile Antigono P3 (US-Wc; Sonneck, p. 124: pp. 70 + 1 n.n. con licenza; Sartori: US-Wc = I-Fm = I-Mcom; in realtà diverso) perché all'epoca il Congress di Washington esigeva un balzello a fondo perduto, pagabile mediante un assegno cartaceo, soltanto per cercare l'esemplare in questione e spedire il preventivo via e-mail. Poi però, vista la psicosi dell'antrace, metteva in quarantena la posta, compresa quella che conteneva lo chèque.
L'autografo A-Wn 10279*, costituito da quattro fogli piegati in otto e intestati A, B, C e D, con la prima e le ultime quattro facciate bianche, si può datare facilmente. Metastasio scrive a Pezzana, curatore di H: «Nel tempo del mio carteggio col signor [Gaspare] Conti [21 aprile-22 ottobre 1773] intrapresi una correzione generale di tutti i miei componimenti poetici ed elessi per tale operazione la picciola [...] edizione del medesimo in sei tomi; ma trovai impossibile il cavarne le mani tanto essa è sfigurata e confusa; onde ricorsi all'edizione di Torino in dieci volumi [R], nella quale nulla manca di ciò che di mio si è fin ad or pubblicato, fuorché il dramma del Ruggiero [...]. Ora questa correzione fatta da me sull'esemplare di Torino in fogli a parte [...] si trova tuttavia appresso di me e son prontissimo, quando ella la desideri, a trasmettergliela immediatamente» (Lettere, V, p. 438). A-Wn 10279* contiene ripensamenti che interessano R1 e R2, approvate e licenziate già nel 1757 o nel 1768, e che volendo potrebbero estendersi a P1, P2, P3, B, Q1 e Q2 dove concordano. Altre annotazioni, disparate ed elencate alla rinfusa, riguardano interpunzione, morfologia e varianti intenzionali per H, in merito alle quali il poeta, dal 1773 all'uscita dell'ultima raccolta, ha avuto tutto il tempo di cambiare idea. Per evitare arbitri e contaminazioni, non essendo possibile sapere se farlo reagire col corpus e a quale livello, A-Wn 10279* è stato sistematicamente citato in Apparato ma non promosso a testo, a meno che non conforti emendamenti necessari comunque. Altrettanto dicasi per le rarissime correzioni ignorate in H e per i suggerimenti o per le divergenze di brevi passi contenuti nelle Lettere, riportate soltanto per le edizioni anteriori alla missiva in questione.
Le redazioni dei testi, centoquarantuno in totale, sono state curate ciascuna per sé mantenendo o modernizzando secondo i medesimi Criteri di trascrizione ed elencando gli interventi nell'Apparato, consultabile dalla finestra di lettura. Il lessico include soltanto i drammi e tralascia l'Argomento, i titoli, le indicazioni di atto e scena, i balli, i personaggi, a meno che non siano citati nel recitativo o nelle didascalie, i nomi propri di persona o di luogo riservati all'Indice e la prosa che non appartiene a Metastasio: le proteste, le dediche degli altri e i frontespizi. La lista cronologica propone le pièces nell'ordine delle principes. Siccome l’indice dei nomi è comune ai quattro siti curati dal gruppo (www.apostolozeno.it, www.carlogoldoni.it, www.progettometastasio.it e www.variantiallopera.it), riporta a lemma tutte le forme che compaiono.

Criteri di trascrizione

Titolo, argomento, atto e scena sono stati trascritti in maiuscolo senza punto alla fine (DIDONE ABBANDONATA, ARGOMENTO, ATTO PRIMO, SCENA PRIMA, SCENA II). Così pure gli interlocutori, nella lista iniziale in tondo senza virgola dopo il nome (MANLIO consolo) e in testa alla scena in corsivo (IARBA sotto nome d'Arbace). Nelle scene assolo il nome del personaggio, talora mancante nel testimone perché superfluo, è stato inserito per farlo risultare nella ricerca impostata con la relativa selezione. I versi sono stati ricostruiti, se necessario, e numerati di cinque in cinque.
Le didascalie, se in nota, sono state inserite nel punto segnalato dall'esponente e messe in corsivo tra parentesi con la prima lettera maiuscola: (Parte). Arie, cori e pezzi chiusi in genere sono stati evidenziati rispetto al recitativo da una diversa giustezza e da una riga vuota prima, dopo e fra le strofe, il cui incipit rientra di tre spazi. Sono state svolte le abbreviazioni delle fonti nell'Argomento e dei nomi di personaggio, sia all'inizio della battuta che nelle didascalie: Achille P1 passim (a Teag.)] (a Teagene); Achille H passim (A Teagene) già per esteso.
Sono stati ovviamente mantenuti gli (per le o per li), la grafia dei nessi palatali e l'alternanza doppie / scempie, in particolare: aborrire / abborrire, femmina / femina, imago / immago, oblio / obblio, procurare / proccurare, provvedere / provedere, provvido / provido, pubblico / publico, scellerato / scelerato, soddisfare / sodisfare, tollerare / tolerare. Sono rimaste inoltre come stavano le oscillazioni del prefisso re- / ri- (respettivo, rispingere, rivocare) e delle forme con o senza lenizione del dittongo (negare / niegare, scoprire / scuoprire). Naturalmente è stato conservato era "ero", nonostante le preferenze enunciate dall'autore: «Le prime persone del numero singolare d'ogni imperfetto, che secondo le regole grammaticali terminano sempre in -a come la terza persona, quando possono far confusione di senso, credo ottimamente fatto di terminarle in -o: ero, andavo, amavo, eccetera, invece di era, andava, amava, eccetera» (A-Wn 10279*, c. 1v).
Sono state unite soltanto le parole la cui fusione non comporta né accento né raddoppiamento fonosintattico (in vano] invano, allor che, sopra tutto). Se 'l congiunzione rimane immutato, mentre se 'l particella pronominale si trascrive sel.
È stata eliminata l'h etimologica o paretimologica, tranne che per i nomi propri e per le voci del verbo avere, impensabili senza, dov'è stata restaurata malgrado l'esplicito divieto metastasiano: «Desidero [...] che non si usi mai l'aspirazione h, che non si pronuncia, in qualunque tempo del verbo avere; ma solo per distinzione si ponga un accento sulla prima vocale di qualunque tempo cioè à, ànno, eccetera» (A-Wn 10279*, c. 1r).
Nel plurale di sostantivi in -io e nella flessione verbale, -j è stato reso con -i (tempj "templi"] tempi), mentre -ii si mantiene o si restaura: odii (congiuntivo), ubbidii (passato remoto), fuggj] fuggii (passato remoto).
L'accento all'interno di parola è stato eliminato (Si evìti] Si eviti) e uniformato, insieme all'apostrofo, secondo l'uso moderno: ve' "vedi", su, do, diè, piè, , sé stesso, "fede", fe' "fece", da preposizione, dà va fa sta indicativo, da' fa' va' sta' di' imperativo, "giorno", mercé, pro, vo "vado", vo' o vuo' "voglio" o "vuoi"; «Che che ne dicano i grammatici, io desidero che quando vuo' significa "voglio" non si scriva mai vo perché non si faccia confusione tra il volere e l'andare» (A-Wn 10279*, c. 1r). Non è stata introdotta la dieresi (l'imperiale albergo [settenario]).
Le maiuscole sono state conservate per i nomi propri, le istituzioni (Senato), i luoghi (Foro, Elisi, Averno), i punti cardinali (Oriente) e i popoli interi (Numidi, l'Arabo "gli Arabi") e ridotte all'uso moderno in tutti gli altri casi, in particolare all'inizio del verso. Dopo i puntini di sospensione e dopo il punto esclamativo o interrogativo è stata mantenuta o introdotta la minuscola se l'andamento sintattico prosegue, la maiuscola negli altri casi.
Sono rimasti invariati l'a capo anche nella prosa, i puntini di sospensione, il punto fermo, l'interrogativo e l'esclamativo, il punto e virgola se la frase è conclusa (altrimenti virgola), i due punti se introducono il discorso diretto o l'enumerazione (altrimenti punto e virgola se la frase possiede autonomia logica, virgola se non ce l'ha) e la parentesi negli a parte, nelle semplici parentetiche ridotta a virgola che si elimina prima di e, ma, o, cui e che (sia pronome relativo, sia congiunzione dichiarativa, consecutiva, eccetera).
Benché non si possa stabilire se si debbano a Metastasio, al curatore o al tipografo, sono stati emendati i rari ma evidenti ispanismi nelle principes madrilene (no] non, el] il, de] di, eccetera), mentre sono stati conservati sintagmi e forme ricorrenti, anche se non attestati altrove (Battaglia, Rohlfs, eccetera), costrutti minimamente plausibili e varianti che danno senso e che non sono contraddette dalle ragioni del verso (ipometria non sanabile nemmeno con la dialefe dopo una parola tronca, ipermetria, rima obbligatoria). Nei casi necessari, sistematicamente segnalati, il motivo dell'emendamento si trova nell'Apparato, consultabile mediante l'apposito pulsante situato nella barra dei comandi sulla finestra di testo.