Metrica: interrogazione
74 ottonari in Nitteti R 
   Sono in mar; non veggo sponde;
mi confonde... il mio periglio.
Ho bisogno di consiglio,
di soccorso, di pietà.
   Improvvisa è la tempesta
né mi resta aita alcuna,
se al furor della fortuna
m'abbandona l'amistà. (Parte)
   Se d'amor, se di contento
a quei detti, oh dio, non moro,
è portento, o mio tesoro,
è virtù di tua beltà.
   Del piacer manco all'eccesso;
ma un tuo sguardo in un momento
poi ravviva il core oppresso
dalla sua felicità. (Parte)
   Non ho il core all'arti avvezzo;
non v'è ben per me sincero,
se comprar si deve a prezzo
d'innocenza e di candor.
   Qual acquisto è che ristori
dall'angustie, da' timori,
dal disprezzo di sé stesso,
dall'accuse d'un rossor. (Parte)
   Sì, ti credo, amato bene,
son tranquilla e in quella fronte
veggo espresso il tuo bel cor.
   Se mi credi, amato bene,
d'ogni rischio io vado a fronte
né tremar mi sento il cor.
   Non lasciarmi, o mio tesoro.
Tutta in pegno hai la mia fé.
   Ah sovvengati ch'io moro,
se il destin t'invola a me.
   Compatite il nostro ardore,
voi bell'alme innamorate,
e il poter d'un primo amore
ricordatevi qual è. (Partono da diversi lati)
   Puoi vantar le tue ritorte,
fortunato prigioniero,
tu che amore hai condottiero
sul cammin della virtù.
   Tu non dei, com'è la sorte
di color che amore inganna,
arrossir d'una tiranna,
vergognosa servitù. (Parte)
   Per costume, o mio bel nume,
ad amar te solo appresi
e quel dolce mio costume
diventò necessità.
   Nel bel fuoco in cui m'accesi
arderò per finch'io mora;
non potrei volendo ancora
non serbarti fedeltà. (Parte con Bubaste e guardie)
   Sì, mio core, intendo, intendo;
tu contrasti e ti lamenti;
tu sospiri e mi rammenti
la tua cara servitù.
   No, mio cor, fra' tuoi martiri
che sospiri io non contendo,
purché siano i tuoi sospiri
un trofeo della virtù. (Parte)
   Son pietosa e sono amante
e nemica ho la fortuna
nell'amor, nella pietà.
   Mai felice un solo istante
non provar fin dalla cuna
è crudel fatalità. (Parte)
   Temerario è ben chi vuole
prevenir la sorte ascosa,
preveder dall'alba il dì.
   Chi sperar poteva il sole,
quando l'alba procellosa
questo giorno partorì?

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