Metrica: interrogazione
790 endecasillabi (recitativo) in Achille in Sciro R 
Udisti? (Ad Achille)
                 Udii.
                             Chi temerario ardisce
dell'orgie venerate il rito arcano?
Non m'ingannai; lo strepito sonoro
parte dal mar. Ma non saprei... Non veggo
che vuol dir, chi lo move... Ah principessa,
eccone la cagion. Due navi, osserva,
vengono a questo lido.
                                          Aimè!
                                                        Che temi?
Son lungi ancor. (Compariscono in lontano due navi. Sentesi di nuovo il suono delle trombe suddette; tutti partono fuggendo, toltone Achille e Deidamia)
                                 Fuggiam.
                                                     Perché?
                                                                      Non sai
tutto è infestato il mar? Così rapite
al re d'Argo e di Tiro. Ignori forse
perdita ingiuriosa? E che ne freme
invan la Grecia e che domanda invano
l'infida sposa al predator troiano?
insidiose navi... Oh dei! Vien meco.
Di che temi, mia vita? Achille è teco.
            E se teco è Achille...
                                                  Ah taci; alcuno (Guardandosi intorno)
potrebbe udirti; e se scoperto sei,
son perduta, ti perdo. E che direbbe
il genitor deluso? Una donzella
sai che ti crede e si compiace e ride
del nostro amor; ma che sarà, se mai,
se mai scopre che in Pirra Achille adoro?
Perdona, è vero.
                                (Ecco gli amanti). E deggio
sempre così tremar per voi? Vel dissi
pur mille volte; è troppo chiara ormai
sempre dalle compagne; ognun la vede,
ne parla ognuno. Andate al re; son tutte
l'altre già nella reggia.
                                          Il suon guerriero, (Achille intento ad altro non l’ascolta)
che da que' legni uscì, d'armati e d'armi
mostra che vengan gravi.
                                               (Oh come in volto (Piano a Nearco)
già tutto avvampa! Usar conviene ogn'arte
per trarlo altrove).
                                    E non partite?
                                                                 Or ora,
principessa, verrò. Quei legni in porto
                           Come! Ch'io parta e lasci
te in periglio sì grande? Ah tu, lo vedo,
ne saresti capace; e dal tuo core (Turbata)
misuri il mio. So già, crudele...
                                                         Andiamo.
Non ti sdegnar. Con un tuo sguardo irato
                          No; non è vero, ingrato.
han le prore adornate. Amiche navi
queste dunque saran.
                                         Nearco, osserva (Tornando indietro)
quel guerrier maestoso.
                                             Ah va'; non lice
comparisci alle spoglie, in questo loco
scompagnata restar.
                                       Ma non ti crede (Con isdegno)
ognuno il padre mio? Qual meraviglia
che appresso al genitor resti una figlia?
Si sdegnerà Deidamia.
                                            È ver. (Rimesso parte e poi si ferma come sopra)
                                                          (Che pena
è il nascondere Achille!)
                                              Oh se ancor io (Considerando il guerriero ch’è su la nave)
in fronte avessi e quella spada al fianco...
di più vedermi in questa gonna imbelle;
                    Che dici? Oh stelle! E non rammenti
quanto giova al tuo amor?
                                                 Sì... Ma...
                                                                     Deh parti.
a vagheggiar quell'armi.
                                              (Aimè!) Sì, resta
pur quanto vuoi. Ma Deidamia intanto
sarà col tuo rival.
                                 Che? (In atto feroce)
                                             Giunto or ora
è di Calcide il prence; e Licomede
oggi porga alla figlia.
                                        Oh numi!
                                                             È vero
ch'è tuo quel cor; ma se il rivale accorto
può lusingarla inosservata e sola,
chi sa? Pensaci Achille; ei te l'invola.
Tetide, m'imponesti! Ogni momento
temo scoperto Achille. È ver che amore
lo tiene a fren; ma se una tromba ascolta,
se rimira un guerrier, s'agita, avvampa,
sdegna l'abito imbelle. Or che farebbe,
senza lui non cadrà, che lui domanda
tutta la Grecia armata? Ah tolga il cielo
non venga a ricercarlo... Oh dei! M'inganno?
qui lo conduce? Ah non a caso ei viene.
del genitor d'Achille. È ver che ormai
lungo tempo è trascorso. In ogni caso
negherò d'esser quello. Olà, straniero,
senza dirmi chi sei. Questa è la legge;
S'ubbidisca alla legge; io sono Ulisse.
scusa, eroe generoso. Al re men volo
con sì lieta novella. (Vuol partire)
                                     Odi. E tu sei (Esaminandolo attentamente)
servo di Licomede?
                                      Appunto.
                                                          Il nome?
Nacqui in Corinto.
                                    E da' paterni lidi
perché mai qui venisti?
                                             Io venni... Oh dio!
Signor, troppo m'arresti; e il re frattanto
                         (Ah, ch'io fingea s'è quasi accorto). (Parte)
la nostra impresa.
                                   Onde la speme?
                                                                   Udisti?
Rimirasti colui? Sappi che il vidi
di Peleo in corte, ha già molt'anni. Ei finse
patria e nome con noi. Ma già confuso
era alle mie richieste. Ah menzognera
forse non è la fama; in gonna avvolto
qui si nasconde Achille. Arcade, vola
su l'orme di colui. Cerca, dimanda
chi sia, come qui venne, ove dimora,
se alcuno è seco; ogni leggiero indizio
può servirne di scorta.
                                           Io vado.
                                                            Ascolta.
pensa a non dar sospetto ancor lontano.
A un tuo seguace un tal ricordo è vano. (Parte)
comincio a navigar. Per altri forse
quel confuso parlar, quel dubbio volto
poco saria; ma per Ulisse è molto.
Ma se ancor nol vedesti, onde lo sai
che piacerti non può?
                                         Già molto intesi
parlar di Teagene.
                                   E vuoi di lui
su la fé giudicar degli occhi altrui?
nel giardino real; colà fra poco
col tuo sposo verrò.
                                     Già sposo!
                                                           Ei venne
su la mia fé; tutto è disposto. (Partendo)
                                                       Almeno...
il greco ambasciador. Più non opporti,
siegui il consiglio mio.
                                           Dunque un comando
non è questo, o signor.
                                           Sempre a una figlia
comanda il genitor, quando consiglia.
All'idol mio mancar di fede? Ah prima
a Deidamia l'ingresso? Io non vorrei
importuno arrivar. Come! Tu sola?
Dov'è lo sposo? A tributarti affetti
qui sperai ritrovarlo.
                                        E già sapesti...
Tutto ma non da te. Prova sublime
della bella tua fede. A me, crudele,
celar sì nero arcano? A me che t'amo
più di me stesso? A me che in queste spoglie
avvilito per te... Barbara...
                                                 Oh dio!
Non m'affligger, ben mio; di queste nozze
nulla seppi finor. Poc'anzi il padre
venne a proporle. Istupidii; m'intesi
tutto il sangue gelar.
                                       Pur che farai?
Tutto, fuor che lasciarti. E prieghi e pianti
pongansi in uso. Ei cederà, se vuole
salvar la figlia; e quando ancor non ceda,
nulla speri ottener. Fu Achille il primo
che sia l'ultimo Achille. Ah mi vedrai
morir, cor mio, pria che tradirti mai.
Oh dolcissimi accenti! E qual mercede
posso renderti, o cara?
                                           Eccola; io chiedo,
se possibile è pur, ch'abbi più cura
                                E questa gonna è poco?
ogni tuo sguardo, ogni tuo moto. I passi
troppo liberi son; troppo è sicuro
quel tuo girar di ciglio. Ogni cagione
basta a farti sdegnar; né femminili
son poi gli sdegni tuoi. Che più? Se vedi
un elmo, un'asta o se parlar ne senti,
escon dagli occhi tuoi lampi e faville;
Pirra si perde e comparisce Achille.
è impresa troppo dura.
                                            È dura impresa
anche l'opporsi a un genitor. Poss'io
                                  Ah no, mia vita.
Farò quanto m'imponi.
                                            Or lo prometti
t'ubbidirò. Terrò gli sdegni a freno;
non parlerò più d'armi; e de' tuoi cenni
se più fedele esecutor non sono,
corri in braccio al rival, ch'io ti perdono.
Taci; v'è chi t'ascolta.
                                        E tu chi sei (Ad Ulisse pieno di sdegno)
di penetrar queste segrete soglie?
o pentir ti farò...
                                Pirra!
                                              (Che fiero
sembiante è quello!)
                                        E la promessa? (Piano ad Achille)
                                                                      (È vero). (Ravvedendosi)
                                 No.
                                           Straniero errai.
da lui navi e guerrieri, or che s'affretta
d'unirsi armata alla comun vendetta.
(Felice chi v'andrà!)
                                       (Tutto nel volto
                             S'apre al valore altrui
oggi una illustre via. Corrono a questa
impresa anche i più vili.
                                              (E Achille resta?)
(Periglioso discorso!) A Licomede,
stranier, quella è la via. (Ad Ulisse) Sieguimi. (Ad Achille)
                                                                                     Amico, (Tornando indietro)
Pirra. Ma... (Partono)
                        Già ti sieguo. (Oh amor tiranno!)
per tutto mel dipinge o Pirra è Achille.
quel volto avea, me ne rammento. E poi
quel parlar... quegli sguardi... È ver. Ma Ulisse
fidarsi ancor non dee. Posso ingannarmi.
E quando ei sia, pria di parlar bisogna
le circostanze esaminar. Felice
chi varca i fiumi e non ne tenta il guado.
il gran colpo a scoppiar ma sia sicuro.
                               Entrar ti vidi e venni
                           Che raccogliesti intanto?
Poco, o signor; sol che Nearco è giunto
in questa terra, or compie l'anno; ha seco
una figlia gentil; mostra per essa
straordinario amor.
                                      Come s'appella?
             Pirra!
                           E per lei Nearco ha loco
fra' reali ministri.
                                   E questo è poco?
Ma ciò che giova?
                                  Ah mio fedel, facciamo
gran viaggio a momenti. Odi e dirai...
                             Qual è il cammino?
                                                                   È questo.
Ti sieguo, andiam. Non posso dirti il resto. (Ad Arcade. Parte con Nearco)
tutto veder? Ciò che per gli altri è oscuro
chiaro è per lui. No; la natura o l'arte
l'egual mai non formò. Dov'è chi sappia,
com'ei, mostrar tutti gli affetti in volto
senz'avergli nel cor? Chi fra gli accenti
l'anime incatenar? Chi ad ogni istante
cambiar genio, tenor, lingua e sembiante?
Io nol conosco ancor. D'Ulisse al fianco
e ogni giorno al mio sguardo Ulisse è nuovo.
di tue promesse. A Teagene in faccia
non saprai contenerti. Il tuo calore
ti scoprirà. Parti, se m'ami.
                                                   Almeno
lascia ch'io vegga il mio rivale.
                                                         Oh dio!
T'esponi a gran periglio. Eccolo.
                                                           Ah questo (Turbandosi)
dunque è l'audace? E ho da soffrir?...
                                                                     Nol dissi?
Già ti trasporti.
                               Un impeto primiero
fu questo; è già sedato. Or son sicuro.
                        Non parlerò; tel giuro. (Si ritira in lontano)
Amata figlia, ecco il tuo sposo ed ecco,
                         (Qui tollerar conviene).
ciò che de' pregi tuoi la fama dice
la crede adulatrice; e chi ti mira
la ritrova maligna. Io, che già sono
tuo prigionier, t'offro quest'alma in dono.
(Che temerario!) (Considerando sdegnosamente Teagene, s’avanza senza avvedersene)
                                   A così alto segno
non giunge il merto mio. Tanto esaltarlo
non dei... Pirra! Che vuoi? Parti. (Avvedendosi che già Achille è vicino a Teagene)
                                                             Non parlo. (Si ritira in lontano come sopra)
Chi è mai questa donzella?
                                                   È il tuo rivale.
                          (Ah mi conosce).
                                                           È Pirra il solo
amor di Deidamia. Altre non vide
più tenere compagne il mondo intero.
(Ei parlava da scherzo e disse il vero).
di sì degno consorte?
                                        I pregi, o padre,
            Tu arrossisci? Il tuo rossore intendo.
(Ah se altre spoglie avessi!) (Da sé)
                                                     Or che siam soli,
principessa gentil, soffri ch'io spieghi
l'ardor di questo sen; soffri ch'io dica...
Non parlarmi d'amor; ne son nemica.
Deidamia m'accoglie? In che son reo?
Che fu? Sieguasi. (Vuol seguir Deidamia)
                                   Ferma. Ove t'affretti? (Arrestandolo)
raggiungerla desio.
                                     Non è permesso. (Risoluto)
Chi può vietarlo?
                                  Io.
                                          Tu?
                                                    Si. Né giammai,
(Delle ninfe di Sciro il genio è strano.
ha un non so che, che piace). Odi. Ma dimmi
                              Dissi abbastanza. (Parte come sopra)
                                                                E credi
Credi bastar tu sola?
                                        Io basto; e trema. (Con aria feroce)
(Ah mancator, non sei contento ancora?) (Nell’atto che Achille si rivolge per partire, incontra su la scena Deidamia che gli dice sdegnata il verso suddetto e lo lascia confuso)
(Misero! È ver, trascorsi!)
                                                 Ascolta; io voglio
bella ninfa ubbidirti; e per mercede
l'origine saper. Di'... Ma... Sospiri?
Qual cambiamento è il tuo? Parla; rispondi.
Son fuor di me. Quanto son mai vezzose
l'ire in quel volto! Ah forse m'ama e ch'io
siegua un'altra non soffre. E così presto
è amante ed è gelosa? Una donzella
parlar così? Così mostrarsi audace,
intenderla non so; so che mi piace.
signor, già preparai. Son pronti i doni
da presentarsi al re. Mischiai fra quelli
lucido e terso. I tuoi seguaci istrussi
il tumulto guerrier. Spiegami alfine
Tutto ciò che ti giova? E dove? E quando?
per distinguere Achille.
                                             E come?
                                                               Intorno
a quell'elmo lucente, a quell'usbergo
lo vedrai vaneggiar. Ma quando ascolti
il suon dell'armi, il generoso invito
delle trombe sonore, allor vedrai
scoppiar feroce e palesar sé stesso.
Di troppo ti lusinghi.
                                        Io so d'Achille
l'indole bellicosa; io so che all'armi
s'avvezzò dalle fasce; e so che invano
genio natio che diventò costume.
salvo appena dal mar, giura il nocchiero
di mai più non partir; sente che l'onde
abbandona le piume e corre al mare.
Hai pur tant'altri indizi.
                                              Ogn'altro indizio
solo è dubbioso; a questa prova unito
certezza diverrà. Quella è la prova,
dove co' moti suoi parla natura.
ama Deidamia, anche palese, a lei
toglierlo non potrem.
                                        Con l'arti occulte
pria s'astringa a scoprirsi; indi scoperta,
assalirò quell'alma a forza aperta.
fiamme d'onor gli desterò nel seno,
arrossir lo farò.
                              Sì, ma non veggo
agio a parlargli. È custodito in guisa...
L'occasion s'attenda; e se non giunge,
nascer si faccia. Io tenterò...
                                                    T'accheta.
Vien Pirra a noi. Parlale adesso.
                                                           Eh lascia
che venga per sé stessa. Ad altro inteso
mi fingerò. Tu destramente intanto
osservane ogni moto.
                                        Ecco il guerriero
che la Grecia inviò. Se la mia bella
non lo vietasse, oh qual diletto avrei
di ragionar con lui! Muoverla ad ira
ch'io l'osservi non dee.
                                           (Che fa?) (Piano ad Arcade)
                                                               (Ti mira). (Piano ad Ulisse)
ogni arredo è real. Que' sculti marmi
sembran pieni di vita. Eccoti Alcide
che l'Idra abbatte. Ah gli si vede in volto
lo spirito guerrier. L'anima eccelsa
gli ha l'industre maestro in fronte accolta.
(Guarda se m'ode). (Piano ad Arcade)
                                       (Attentamente ascolta). (Piano ad Ulisse)
solleva Anteo per atterrarlo; e l'arte
qui superò sé stessa. Oh come accende,
di virtude un esempio! Io già vorrei
essere Alcide. Oh generoso, oh grande,
oh magnanimo eroe! Vivrà il tuo nome
(Oh dei! Così non si dirà d'Achille).
(Ed or?) (Piano ad Arcade)
                   (S'agita e parla). (Piano ad Ulisse)
                                                    (Osserva adesso).
in gonna avvolto alla sua Iole accanto.
Ah l'artefice errò. Mai non dovea
a questa di viltà memoria indegna
Qui Alcide fa pietà; non è più quello.
(È vero, è vero. Oh mia vergogna estrema!)
(Arcade, che ti par?)
                                        (Parmi che frema). (Ad Ulisse)
(Dunque s'assalga). (S’incammina verso Achille)
                                       (Il re. Guarda che tutto (Trattenendolo)
(Ah m'interrompe in sul finir dell'opra).
Pirra, appunto ti bramo, attendi. Ulisse,
vedi che il sol di già tramonta. Onori
                            Mi sarà legge il cenno,
invittissimo re. (Vuol ritirarsi)
                               Le navi e l'armi,
che a chieder mi venisti, al nuovo giorno
radunate vedrai; vedrai di quanto
superai la richiesta, ed a qual segno
gli amici onoro e un messaggier sì degno.
il magnanimo cor. Da me sapranno
della Frigia infedel principi achei
quanto amico tu sei. Né lieve prova
(Altro quindi io trarrò che navi ed armi).
Vezzosa Pirra, il crederai? Dipende
da te la pace mia.
                                  Perché?
                                                   Se vuoi
impiegarti a mio pro, rendi felice
                        Che far poss'io?
                                                       M'avveggo
                                  E ben? (Comincia a turbarsi)
                                                  Tu puoi
tutto sul cor di lei.
                                   Come! E vorresti
tu le insegnassi a rispettar d'un padre,
le facessi osservar, che amor per lui
le inspirassi nel seno, onde l'accolga
com'è il dover d'un'amorosa moglie.
(Questo pur deggio a voi, misere spoglie). (Con ira)
opportuno istromento... Ah Licomede
mal mi conosci. Io?... Numi eterni? Io... Cerca
                             Che ti sgomenta? È forse
che non meriti amor?
                                          (Mi perdo. Io sento
che soffrir più non posso).
                                                 Alfin la figlia,
meglio unir si potea?
                                         (Soffersi assai).
Licomede, son pronte.
                                          Andiamo. Udisti,
Pirra, i miei sensi. A te mi fido. Ah sia
frutto del tuo sudor la pace mia.
più di riguardi; ho stabilito; adesso
non sperar di sedurmi. Andiamo.
                                                              E dove?
A depor queste vesti. E che? Degg'io
tutti gli anni migliori? E quanti oltraggi
ho da soffrir? Le mie minacce or veggo
ch'altri deride; ingiurioso impiego
or m'odo imporre; or negli esempi altrui
i falli miei rimproverar mi sento.
Son stanco d'arrossirmi ogni momento.
Un rossor ti figuri...
                                      Ah taci; assai
vilissimi consigli. Altri ne intesi
dal tessalo maestro; e allor sapea
abbatter fiere e valicar torrenti.
se in questa gonna effeminato e molle
mi vedesse Chirone! Ove da lui
m'asconderei? Che replicar, se in volto
rigido mi chiedesse: «Ov'è la spada,
ove l'altr'armi, Achille? Ah di mie scuole
che la cetra avvilita ad uso indegno».
Basta, signor; più non m'oppongo; alfine
son persuaso anch'io.
                                         Ti par, Nearco,
                           No; lo conosco. È tempo
impacci femminili e corra altrove
a dar del tuo gran cor nobili prove.
priva di te non avrà pace e forse
ne morrà di dolor; ma quando ancora
n'abbia a morir, non t'arrestar per lei;
vagliono la sua vita i tuoi trofei.
di vedersi lasciar?
                                   Costanza! E come
potrebbe averne una donzella amante
della sua tenerezza, il sol conforto,
l'unica sua speranza?
                                         Oh dei!
                                                          Non sai
da' suoi sguardi un momento, è già smarrita,
non ha riposo, a ciaschedun ti chiede,
ti vuol da tutti? E in questo punto istesso
come credi che stia? Già non ha pace;
già dubbiosa e tremante...
                                                 Andiamo.
                                                                      E sei
                               No; ritorniamo a lei.
miracolo d'amor! Si muova all'ira,
è terribile Achille; arte non giova,
forza non basta a raffrenarlo; andrebbe
nudo in mezzo agl'incendi; andrebbe solo
ad affrontar mille nemici e mille.
Pensi a Deidamia, è mansueto Achille.
di cretense liquor.
                                   Pirra, lo sai;
vil bevanda parrebbe a' labbri miei.
vedi se fido sia di Pirra il core.
(Che strano affetto!) (Guardando Deidamia ed Achille)
                                        (Oh tirannia d'amore!) (Nell’andare a prender la tazza)
Quando da' greci lidi i vostri legni
l'ancora scioglieranno? (Ad Ulisse)
                                            Al mio ritorno.
Son già tutti raccolti?
                                         Altro non manca
che il soccorso di Sciro.
                                            Oh qual mi toglie
la mia canuta età!
                                   (Non si trascuri (Un paggio porge la tazza ad Achille; egli nel prenderla sente il discorso artifizioso d’Ulisse e resta attonito ad ascoltarlo)
l'opportuno momento). È di te degna,
gran re, la brama. Ove mirar più mai
tende, navi, cavalli, aste e bandiere?
Tutta Europa v'accorre. Omai son vuote
le selve e le città. Da' padri istessi,
da' vecchi padri invidiata e spinta
corre all'armi fremendo. (Arcade, osserva).
sente stimoli in sen, chi sa che sia
desio di gloria or non rimane. Appena
le vergini, le spose; e alcun, che dura
necessità trattien, col ciel s'adira,
come tutti gli dei l'abbiano in ira.
Questi di poco amor segni non sono?)
(Non ti sdegnar; bell'idol mio, perdono).
l'usata cetra; a lei, Deidamia, imponi
la voce unisca e la maestra mano;
tutto farà per te.
                                Pirra, se m'ami,
Tu il vuoi? Si faccia. (Oh tirannia d'amore!) (Un paggio gli presenta la cetra ed altri pongono un sedile da un lato della scena a vista della mensa)
Arcade, adesso è tempo. Intendi? (Piano ad Arcade)
                                                               Intendo. (Piano ad Ulisse e parte. Achille canta accompagnandosi con la lira)
Questi chi son? (Al comparir de’ doni portati da’ seguaci d’Ulisse, s’interrompe il canto d’Achille)
                               Son miei seguaci; e al piede
questi per cenno mio piccioli doni
che d'Itaca recai. Lo stile usato
giusto è che siegua anch'io. Se troppo osai,
il costume m'assolva.
                                        Eccede i segni
sì generosa cura.
                                 (Oh ciel! Che miro!) (Avvedendosi dell’armatura che venne fra’ doni)
porpora più vivace. (Ammirando le vesti)
                                      Altri finora (Ammirando i vasi)
di magistero egual.
                                     L'eoa marina (Ammirando le gemme)
non ha lucide gemme al par di quelle.
Ah chi vide finora armi più belle? (Si leva per andare a vedere più da vicino le armi)
(Che tormento crudele!) (Torna a sedere) (Di dentro)
                                               All'armi, all'armi. (S’ode gran strepito d’armi e d’istromenti militari. Tutti si levano spaventati, solo Achille resta sedendo in atto feroce)
Qual tumulto è mai questo?
                                                    Ah corri, Ulisse, (Simulando spavento)
de' tuoi seguaci a raffrenar.
                                                    Che avvenne? (Fingendo esser sorpreso)
Non so per qual cagion fra lor s'accese
feroce pugna. Ah qui vedrai fra poco
lampeggiar mille spade.
                                              Aita, oh numi!
Fermati principessa. (Parte seguendola) (Di dentro)
                                         All'armi, all'armi. (S’ode strepito d’armi. Licomede snudando la spada corre al tumulto. Fugge ognuno. Ulisse si ritira in disparte con Arcade ad osservare Achille che si leva già invaso d’estro guerriero)
Ove son? Che ascoltai? Mi sento in fronte
le chiome sollevar. Qual nebbia i lumi
offuscando mi va? Che fiamma è questa,
Ah frenar non mi posso; all'armi, all'armi. (S’incammina furioso e poi si ferma, avvedendosi d’avere in mano la cetra)
dunque è l'arme d'Achille? Ah no; la sorte
altre n'offre e più degne. A terra, a terra, (Getta la cetra e va all’armi portate co’ doni d’Ulisse)
vile istromento. All'onorato incarco
torni il braccio avvilito. In questa mano
lampeggi il ferro. Ah ricomincio adesso (Impugna la spada)
a ravvisar me stesso. Ah fossi a fronte
E qual sarà, se non è questo Achille? (Palesandosi)
Numi! Ulisse, che dici?
                                            Anima grande,
prole de' numi, invitto Achille, alfine
lascia che al sen ti stringa. Eh non è tempo
di finger più. Sì, tu la speme sei,
tu dell'Asia il terror. Perché reprimi
del magnanimo cor? Son di te degni;
secondagli, signor. Lo so, lo veggo,
raffrenar non ti puoi. Vieni; io ti guido
alle palme, a' trofei. La Grecia armata
non aspetta che te. L'Asia nemica
non trema che al tuo nome. Andiam.
                                                                    Sì, vengo. (Risoluto)
Guidami dove vuoi... Ma... (Si ferma)
                                                   Che t'arresta?
                           E Deidamia un giorno
ritornar ti vedrà cinto d'allori
e più degno d'amore.
                                         E intanto...
                                                                E intanto
tutta avvampa la terra, a tutti ascoso
qui languir tu vorresti in vil riposo?
Diomede espugnò; d'Ettore ottenne
le spoglie Idomeneo; di Priamo il trono
Stenelo, Aiace... E che faceva Achille?
fra l'ancelle di Sciro i giorni sui,
dormendo al suon delle fatiche altrui».
Ah non sia ver; destati alfine; emenda
il grave error; più non soffrir che alcuno
ti miri in queste spoglie. Ah se vedessi
con que' fregi è un guerriero! In questo scudo
lo puoi veder. Guardati, Achille. Dimmi, (Gli leva lo scudo)
ti riconosci? (Presentandogli lo scudo)
                          Oh vergognosi, oh indegni (Lacerando le vesti)
impacci del valor come finora
tollerar vi potei? Guidami, Ulisse,
l'armi a vestir. Fra questi ceppi avvinto
più non farmi penar.
                                        Sieguimi. (Ho vinto). (S’incamminano)
Pirra, Pirra, ove corri?
                                           Anima vile, (Rivolgendosi con isdegno)
più non t'esca da' labbri. I miei rossori
non farmi rammentar. (Partendo)
                                            Senti; tu parti?
E la tua principessa?
                                        A lei dirai... (Rivolgendosi)
                                Che posso dirle mai?
Eterni dei! Qual fulmine improvviso
strugge ogni mia speranza? Ove m'ascondo
se parte Achille? E chi di Teti all'ira
m'involerà? Tanti sudori, oh stelle!
Tant'arte, tanta cura...
                                          Ov'è, Nearco,
                           Ah principessa, Achille
                            Che!
                                        T'abbandona.
                                                                   I tuoi
vani sospetti io già conosco. Ognora
così mi torni a dir.
                                    Volesse il cielo
ch'or m'ingannassi. Ah l'ha scoperto Ulisse;
l'ha sedotto; il rapisce.
                                           E tu, Nearco,
così partir lo lasci? Ah corri, ah vola...
Misera me! Senti. Son morta. Ah troppo
Che fai? Non parti?
                                      Io partirò ma invano. (Parte)
Mi lascia Achille! E sarà vero? E come,
pensarlo solo e non morir? Son queste
Le proteste d'amor? Così?... Ma intanto
l'empio scioglie le vele. Andiam, si tenti
di trattenerlo. Il mio dolor capace
di riguardi or non è. Vadasi e quando
né pur questo mi giovi, almen sul lido
spirar mi vegga e parta poi l'infido.
                                     (Oh me infelice! (Con impazienza)
Che inciampo è questo!)
                                               Io del tuo cor vorrei
                                   Or non è tempo. (In atto di partire)
                                                                   Ascolta. (Seguendola)
                      Un solo istante.
                                                    Oh numi! (Impaziente)
                                                                         Alfine
Ma per pietà non mi venir d'intorno.
stravaganze sì nuove? A che mi parla
Deidamia così? Delira o cerca
di farmi delirar? Sogno? Son desto?
Dove son mai? Che laberinto è questo?
Achille, or ti conosco. Oh quanta parte
del maestoso tuo real sembiante
defraudavan le vesti! Ecco il guerriero,
ecco l'eroe. Ringiovanita al sole
esce così la nuova serpe; e sembra,
che altera sia delle cambiate spoglie.
Sì, tua mercé, gran duce, io torno in vita,
respiro alfin; ma qual da' lacci appena
disciolto prigionier, dubito ancor
della mia libertà; l'ombre ho sugli occhi
mi sento il suon delle catene intorno.
(Ed Arcade non vien!) (Guardando intorno)
                                            Son queste, Ulisse,
                        Sì; né superbe meno
andran del peso lor che quella d'Argo
già del suo non andò; compensa assai
e i tesori di Frisso Achille solo.
Dunque che più si tarda?
                                                Olà nocchieri,
appressatevi a terra. (E pur non miro
Arcade ancora). (Come sopra)
                                Ah perché mai le sponde
queste non son? Come s'emendi Achille
là si vedrà. Cancellerà l'indegne
macchie del nome mio di questa fronte
l'onorato sudor; gli ozi di Sciro
scuserà questa spada; e forse tanto
che parlar non potrà de' falli miei.
Oh sensi! Oh voci! Oh pentimento! Oh ardori
degni d'Achille! E si volea di tanto
fraudar la terra? E si sperò di Sciro
celar furto sì grande? Oh troppo ingiusta,
troppo timida madre! E non previde
ogn'arte è vana, ogni ritegno è poco?
Ulisse, io ti precedo. (S’incammina al mare)
                                        Arcade, oh quanto
                           Partiam, signor; t'affretta,
                                 Che mai t'avvenne?
                                                                       Andiamo.
                          Ma con un cenno almeno...
Oh numi! Ebbra d'amor, cieca di sdegno
Deidamia ci siegue; io non potei
più trattenerla e la prevenni. (Piano ad Ulisse)
                                                       Ah questo
fiero assalto s'eviti.
                                     Or che s'attende? (Tornando indietro impaziente)
              Partiam.
                                 Ma che vuol dir quel tanto (Ad Arcade)
volgerti indietro e rimirar? Che temi?
             (Oh stelle!)
                                    Signor... Temo... Potrebbe
ed a forza impedirla.
                                        A forza? Io sono
dunque suo prigionier; dunque pretende...
fuggir gl'inciampi. (Vuol prenderlo per mano)
                                     A me fuggir? (Scostandosi)
                                                               Tronchiamo
le inutili dimore. Al mare, al mare,
Achille, ah dove vai? Fermati, Achille. (Achille si rivolge, vede Deidamia e s’arrestano entrambi guardandosi attentamente senza parlare)
(E la gloria e l'amore ecco a cimento).
Dunque lasciar mi vuoi?
                                               (Se a lei rispondi, (Piano ad Achille)
                     (Tacerò). (Ad Ulisse)
                                        Questa, o crudele,
serbavi a tanto amore? Alma sì atroce
celò quel dolce aspetto? Andate adesso,
credule amanti, alle promesse altrui
date pur fé. Quel traditor poc'anzi
mi giurava costanza; in un momento
parte, mi lascia e senza dirmi addio.
          (Non resiste).
                                      E qual cagion ti rese
mio nemico in un punto? Io che ti feci?
Misera me! Di qual delitto è pena
                              No, principessa...
                                                                Achille.
Due soli accenti. (Ad Ulisse)
                                 (Aimè!)
                                                   No, principessa,
traditore o nemico. Eterna fede
giurai; la serberò. Legge d'onore
mi toglie a te; ma tornerò più degno
de' cari affetti tuoi. S'io parto e taccio,
ma timore e pietà. Pietà del tuo
troppo vivo dolor, tema del mio
valor poco sicuro; uno previdi;
non mi fidai dell'altro. Io so che m'ami,
cara, più di te stessa; io sento...
                                                          Achille.
                 (E pur non viene).
                                                     Io sento in petto...
troppo trascorsi. Al grand'amor perdona
i miei trasporti. È ver; sé stesso Achille
ed alle glorie sue. Va'; non pretendo
d'interromperne il corso. Avrai seguaci
gli affetti, i voti miei. Ma già ch'io deggio
restar senza di te, sia meno atroce,
sia men subito il colpo. Abbia la mia
vacillante virtù tempo a raccorre
le forze sue. Chiedo un sol giorno; e poi
vattene in pace. Ah non si niega a' rei
tanto spazio a morir; temer degg'io
ch'abbia a negarsi a me?
                                               (Se un giorno ottiene,
                           Pensi? Non parli? E fisse
tieni le luci al suol?
                                     Che dici, Ulisse? (Ad Ulisse quasi con timore)
puoi partir, puoi restar, che a me non lice
che a venir ti risolva o parto solo.
                               E ben, rispondi.
                                                               Io resterei.
Ma... udisti? (Accennandole Ulisse)
                          E ben, risolvi.
                                                      Io verrei teco
Va', ingrato. Addio. (Mostrando partire)
                                      Ferma, Deidamia. (Seguendola)
                                                                          Intendo.
resta, imbelle; io ti lascio. (Mostrando partire)
                                                 Ulisse, aspetta.
                     Che brami?
                                             A compiacerti... (Oh stelle! (A Deidamia, poi da sé)
È debolezza). A seguitarti... (Oh numi! (Ad Ulisse)
È crudeltà). Sì la mia gloria esige...
No l'amor mio non soffre... Oh gloria! Oh amore!
(È dubbio ancor chi vincerà quel core).
sì picciola pietà pena sì grande,
più non la chiedo. Or da te voglio un dono
ch'è più degno di te. Parti; ma prima
immergi in questo sen. L'opra pietosa
giova ad entrambi. Ad avvezzarti, Achille,
tu cominci alle stragi; io fuggo almeno
un più lungo morir. Tu lieto vai
senz'aver chi t'arresti; io son contenta
se vita mi negò, mi dia la morte.
                         L'ultimo dono...
                                                        Ah taci;
ah non pianger, mia vita. Ulisse, ormai
l'opporsi è tirannia.
                                      Lo veggo.
                                                          Alfine
non chiede che un sol giorno. Un giorno solo
                                    Oh questo no. Men vado
le glorie a raccontar. Da me sapranno
qual nobile sudor le macchie indegne
lavi del nome suo. Quai scuse illustri
già la tua spada; e di qual serie augusta
va per te di trofei la fama onusta.
Ma valor non si perde...
                                             Eh di valore
più non parlar. Spoglia quell'armi; a Pirra
non sarian che d'impaccio. Olà, rendete
la gonna al nostro eroe; riposi ormai,
che sotto l'elmo ha già sudato assai.
(Vuol destarlo e lo punge).
                                                  Io Pirra? Oh dei!
La gonna a me? (Ad Ulisse)
                                No; d'animo virile
desti gran prova inver. Non sei capace
di vincere un affetto.
                                        Ah meglio impara
a conoscere Achille. Andiam. (Risoluto)
                                                       Mi lasci?
è funesto il restar; Deidamia, addio. (Achille parte risoluto ed ascende il ponte della nave, dove poi s’arresta. Ulisse ed Arcade il van seguendo. Deidamia rimane alcun tempo immobile)
                                  (E pur non son sicuro).
Barbaro! Traditor! Parti? E son questi
gli ultimi tuoi congedi? Ove s'intese
tirannia più crudel? Va', scellerato,
va' pur; fuggi da me; l'ira de' numi
non fuggirai. Se v'è giustizia in cielo,
se v'è pietà, congiureranno a gara
tutti, tutti a punirti. Ombra seguace
vedrò le mie vendette. Io già le godo
immaginando; i fulmini ti veggo
già balenar d'intorno... Ah no, fermate,
vindici dei. Di tanto error se alcuno
risparmiate quel cor, ferite il mio.
s'ei non è più qual era, io son qual fui;
per lui vivea, voglio morir per lui. (Sviene sopra un sasso)
A Deidamia in aiuto.
                                        Ah dunque...
                                                                  E speri
ch'io l'abbandoni in questo stato?
                                                              È questa
di valore una prova.
                                      Eh tu pretendi (Sdegnoso)
prove di crudeltà, non di valore.
Scostati, Ulisse. (Si fa strada con impeto e corre a Deidamia)
                                (Ha trionfato amore).
Principessa, ben mio, sentimi. Oh numi!
L'infelice non ode. Apri le luci,
guardami; Achille è teco.
                                               Arcade, il tempo
di sperar più vittoria ora non parmi.
Cediamo il campo. Adopreremo altr'armi. (Parte con Arcade non veduto da Achille)
comincia a respirar. No, mia speranza,
                                  Sei tu? M'inganno?
                     Pace, cor mio.
                                                 Potesti, ingrato,
negarmi un giorno solo. Ed or...
                                                           Non fui
io che m'opposi; eccoti il reo... Ma... Come?
Non veggo Ulisse? Ah mi lasciò.
                                                           Se cerchi
d'Ulisse, ei corre al re; dal re ti vuole,
or che scoperto sei.
                                     Questa sventura (S’alza da sedere)
sol mancava fra tante. Ecco palese
al padre il nostro arcano.
                                               Infin ad ora
nascosto non gli fu. Già Teagene
ritrovò la cagione; al re sen corse;
ed ancora è con lui.
                                     Misera! Oh dei!
Che fia di me? Se m'abbandoni, Achille,
                              Ch'io t'abbandoni
in periglio sì grande? Ah no; sarebbe
la prima una viltà. Vivi sicura;
lascia pur di tua sorte a me la cura.
Nearco, io tremo. Ah mi consola!
                                                             E come
consolarti poss'io, se son più oppresso,
                                   Numi clementi,
furon gli affetti miei, voi dissipate
questo nembo crudel. Voi gl'inspiraste;
proteggetegli voi. Se colpa è amore,
ma grande è la mia scusa; Achille amai.
or va', Nearco, insuperbisci. A Teti
sapesti moderar. Vanta gli scaltri
lusinghieri discorsi; ostenta i molli
piacevoli consigli. Ecco perduti
gli accorgimenti e l'arti. Il solo Ulisse
tutto a scompor bastò. Qual astro infido
fu mai quel che lo scorse a questo lido?
                                        È troppo ormai,
gran re, lungo il silenzio. I prieghi miei,
soddisfa alfin. Che ti sospende? È forse
la fé che a me donasti? Ah non son io
tanto incognito a me che oppormi ardisca
a sì grande imeneo. So quanto il mondo
debba quindi aspettar; veggo che in cielo
si preparò; tante vicende insieme
non tesse mai senza mistero il fato.
Che sdegnar ti potria? L'amor? Ma quando
un innocente amor? L'inganno? È Teti
la rea; già fu punita. Ella in tal guisa
il figlio volle e fe' palese il figlio.
la terra esulterà, che mai non vide
tanto valor, tanta bellezza e tante
virtudi unir. Qual di tai sposi il cielo
cura non prenderà, se ne deriva
l'uno e l'altro egualmente? E quai nipoti
attenderne dovrai, se tutti eroi
furon gli avi d'Achille e gli avi tuoi?
in Teagene il mio sostegno?)
                                                      Achille,
suona nell'alma mia che usurpa il loco
a tutt'altro pensier. Che dir poss'io
dell'imeneo richiesto? Il generoso
Teagene l'applaude; il ciel lo vuole;
tu lo domandi, io lo consento. Ammiro
sì strani eventi; e rispettoso in loro
del consiglio immortal gli ordini adoro.
Ah Licomede... Ah Teagene... Andate
custodi ad affrettar. Principe, oh quanto,
quanto ti deggio mai! Padre, signore,
grato potrò mostrarmi!
                                            A Licomede
l'esser padre a tal figlio è gran mercede.
Ah vieni, Ulisse; i miei felici eventi
                           Assai diversa cura
qui mi conduce. Eccelso re, conviene
che, deposto ogni velo, alfin t'esponga
della Grecia il voler. Sappi...
                                                     Già tutto
m'è noto; a parte a parte alle richieste
                        Mia cara sposa, alfine (Incontrandola)
giungesti pur. Non tel diss'io? La sorte
non cambiò di sembianza?
                                                   a' piedi tuoi,
mio re, mio genitor... (Inginocchiandosi)
                                          Sorgi. È soverchio (S’alza)
ciò che dir mi vorresti. Io già de' fati
tutto l'ordine intendo. Una gran lite
compor bisogna; a me s'aspetta; udite.
l'impero ad usurpar pugnano a gara
e la gloria e l'amor. Questo capace
sol di teneri affetti e quella il vuole
tutto sdegni guerrieri. Ingiusti entrambi
chiedon soverchio. E che sarebbe, Ulisse,
il nostro eroe, se respirasse ognora
ira e furor? Qual diverrebbe, o figlia,
sempre in cure d'amor? Dove lo chiama
vada ma sposo tuo. Ti torni al fianco
ma cinto di trofei. Co' suoi riposi
e col sudore i suoi riposi onori.
Sposa, Ulisse, che dite?
                                            Alle paterne
ammirerà la Grecia.
                                       Or non mi resta
                      Gl'illustri sposi unisca
il bramato da lor laccio tenace;
e la gloria e l'amor tornino in pace.
rivali dei, nuova cagione? Amore
sempre pensò, l'invido Tempo inteso
ad oscurarmi ognor come in un punto
cambia costume e l'uno e l'altro amico
orma in volto non ha dell'odio antico?
Non v'è più sdegno in cielo.
                                                    a' numi ancora
messaggiera è di pace. Oggi dell'Istro
su la sponda real l'anime auguste
stringe nodo immortale. Opra è d'Amore
la fiamma lor; ma di sì bella fiamma
deggio i principi a te. Bastar potea
quella sola a destarla, onde son cinte,
maestosa beltà; ma trarla io volli
da fonti più sublimi. Agli alti sposi
proprie glorie ed avite, e le comuni
vive brame d'onor. L'anime grandi
si ammiraro a vicenda; e sé ciascuna
nell'altra ravvisò. Le rese amanti
tal somiglianza; indi in entrambe Amore
fu cagione ed effetto, in quella guisa
face a face congiunta acquista e rende.
se alimento ha da te, tanto prevale,
tuo seguace son io, non tuo rivale.
tuo nemico chiamar. Come oscurarti
dopo un tale imeneo? Su' grandi esempi
e di Carlo e d'Elisa i regi sposi
formar sé stessi. Or che gli accoppia il cielo,
le cesaree virtù. Qual ombra opporre
a tanto lume? Ah non lo bramo. Altero
son d'esser vinto. a' secoli venturi
dian nome i grandi eredi; io della loro
farò tesoro e ne sarò custode.
Giunse dunque una volta il dì felice
si ragionò, che le speranze accoglie
di tanti regni e che precorso arriva
da tanti voti? Oh lieto dì! Corriamo,
amici dei, della festiva reggia
ad accrescer la pompa. Unir conviene
                                     Al nobil fuoco,
che in lor destai, somministrar vogl'io
                                              Io de' lor anni
                               Per me d'eroi
                          Io serberò gli esempi
                                    Io fui di quelli,
io di questi sarò compagna e duce;
tutti i lor nomi io vestirò di luce.

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