Metrica: interrogazione
86 settenari (pezzi chiusi) in Zenobia R 
   Oh almen, qualor si perde
parte del cor sì cara,
la rimembranza amara
se ne perdesse ancor!
   Ma quando è vano il pianto,
l'alma a prezzarla impara;
ogni negletto vanto
se ne conosce allor. (Parte)
   Cada l'indegno e miri
fra gli ultimi respiri
la man che lo svenò.
   Mora; né poi mi duole
che a me tramonti il sole,
se il giorno a lui mancò. (Parte)
   Di ricche gemme e rare
l'indico mare abbonda;
né più tranquilla ha l'onda,
né il cielo ha più seren.
   Se v'è del flutto infido
lido che men paventi,
è qualche ignoto a' venti
povero angusto sen. (Parte)
   Lasciami, o ciel pietoso,
se non ti vuoi placar,
lasciami respirar
   Rendasi col riposo
almeno il mio pensier
abile a sostener
   Non so se la speranza
va con l'inganno unita;
so che mantiene in vita
qualche infelice almen.
   So che sognata ancora
gli affanni altrui ristora
la sola idea gradita
del sospirato ben. (Entra nella capanna)
   Va'; ti consola, addio;
e da me lungi almeno
vivi più lieti dì.
   Come! Tiranna! Oh dio!
Strappami il cor dal seno
ma non mi dir così.
   L'alma gelar mi sento.
Sento mancarmi il cor.
   Oh che fatal momento!
Che sfortunato amor!
   Questo è morir d'affanno;
né que' felici il sanno
che sì penoso stato
non han provato ancor. (Partono. Prima che termini il duetto comparisce Zopiro in lontano e s’arresta ad osservar Zenobia e Tiridate che partono poi senza vederlo)
   Oh che felici pianti!
che amabile martir!
pur che si possa dir:
   Di due bell'alme amanti
un'alma allor si fa,
un'alma che non ha
   Salvo tu vuoi lo sposo?
Salvo lo sposo avrai.
Lascia del tuo riposo,
lascia la cura a me.
   I dubbi tuoi perdono;
tutto il mio cor non sai.
Ti spiegherà chi sono
quel ch'io farò per te. (Parte)
   Pace una volta e calma
lascia ch'io trovi almen;
non risvegliarmi in sen
   tempesta in cui quest'alma
potria smarrirsi ancor,
guerra che al mio candor
   Si soffre una tiranna,
lo so per prova anch'io;
ma un'infedele, oh dio!
no, non si può soffrir.
   Ah se il mio ben m'inganna,
se già cambiò pensiero,
pria ch'io ne sappia il vero,
fatemi, o dei, morir. (Parte)
   Qual de' tuoi pregi, Elisa,
saria la luce intera,
se giunge ancor divisa
ad abbagliar così?
   Se que' sublimi vanti,
che sparse avaro in tanti,
in te, felice Augusta,
prodigo il cielo unì.

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