Metrica: interrogazione
117 settenari (pezzi chiusi) in Ipermestra R 
   Abbiam penato, è ver;
ma in sì felice dì
oggetto di piacer
   Se premia ognor così
quei che tormenta amor,
oh amabile dolor!
   Pensa che figlia sei;
pensa che padre io sono,
che i giorni miei, che il trono,
che tutto io fido a te.
   Della funesta impresa
l'idea non ti spaventi;
e se pietà risenti,
sai che la devi a me. (Parte)
   Ah non parlar d'amore,
sappi... (Che fo?) Dovrei...
Fuggi dagli occhi miei.
Ah tu mi fai tremar!
   Fuggi, che s'io t'ascolto,
che s'io ti miro in volto,
mi sento in ogni vena
il sangue, oh dio, gelar. (Parte)
   Ma rendi pur contento
della mia bella il core
e ti perdono, amore,
se lieto il mio non è.
   Gli affanni suoi pavento
più che gli affanni miei,
perché più vivo in lei
di quel ch'io viva in me. (Parte)
   Io non pretendo, o stelle,
il solito splendor;
mi basta in tanto orror
   Che se le mie procelle
non giunge a tranquillar,
quai scogli ha questo mar
   Pria di lasciar la sponda
il buon nocchiero imita;
vedi se in calma è l'onda,
guarda se chiaro è il dì.
   Voce dal sen fuggita
poi richiamar non vale;
non si trattien lo strale,
quando dall'arco uscì. (Parte)
   Gonfio tu vedi il fiume,
non gli scherzar d'intorno;
forse potrebbe un giorno
fuor de' ripari uscir.
   Tu minaccioso, altiero
mai nol vedesti, è vero;
ma può cangiar costume
e farti impallidir. (Parte)
   Mai l'amor mio verace
mai non vedrassi infido;
dove formossi il nido,
ivi la tomba avrà.
   Alla mia prima face
così fedel son io
che di morir desio
quando s'estinguerà. (Parte)
   Or del tuo ben la sorte
da' labbri tuoi dipende;
puoi dargli o vita o morte;
parlane col tuo cor.
   Ogni ripiego è vano;
sai che non è lontano
chi la favella intende
delle pupille ancor. (Si nasconde)
   Ah se di te mi privi,
ah per chi mai vivrò?
   Lasciami in pace e vivi,
altro da te non vo'.
   Ma qual destin tiranno...
Parti, nol posso dir.
   Questo è morir d'affanno
senza poter morir!
   Deh serenate alfine, (Ciascuno da sé)
barbare stelle, i rai.
ho già sofferto ormai
quanto si può soffrir. (Partono)
   Va'; più non dirmi infida;
conservami quel core;
resisti al tuo dolore;
ricordati di me.
   Che fede a te giurai
pensa dovunque vai;
dovunque il ciel ti guida
pensa ch'io son con te. (Parte)
   Tremo per l'idol mio;
fremo con chi l'offende;
non so se più m'accende
lo sdegno o la pietà.
   Salvar chi m'innamora
o vendicar vogl'io;
altro pensar per ora
l'anima mia non sa. (Parte)
   Perdono al crudo acciaro,
se per ferirlo almeno
lo cerca in questo seno,
dove l'impresse amor.
   No, non farei riparo
alla mortal ferita;
gran parte in lui di vita
mi resterebbe ancor. (Parte)
   Ah non mi dir così;
risparmia, o genitor,
al povero mio cor
   S'io non ti son fedel,
un fulmine del ciel...
                                       Mora il tiranno.
   Per voi s'avvezzi amore,
eccelsa coppia altera,
gli allori ad intrecciar.
   Ed il fecondo ardore
di fiamme così belle
faccia di nuove stelle
quest'aria scintillar.

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