Metrica: interrogazione
234 settenari (recitativo) in Romolo ed Ersilia R 
Eccovi alfine, o belle
de' vostri vincitori
d'un impero nascente
il prezioso acquisto
non servì già di sprone
al romano ardimento
coi vincoli si volle
che accolte in casto asilo,
fra pudiche matrone,
dal rispettoso invito,
Né questi già sdegnate
Il ciel non ha prescritti
or selvaggio ed ignoto,
E fra tanti felici, (Ad Ersilia)
Né muover può l'esempio (A Valeria)
spettatrice e non sposa
qual dover mi consiglia;
So che pretendo invano
repulse ad onta, a lui
se gli affetti veraci
e non perder di tanti
Così liberi accenti
le donzelle sabine
Che incanto è la bellezza
mal sopporta l'indugio
Né ti par degno, Ersilia,
d'amore il nostro eroe?
se l'odia o l'ama.
                                Amica,
Il suo volto, i suoi detti
nell'anima scolpiti
il più grande, il più giusto,
perciò costume austero
all'eccidio di Roma
qui con mentite spoglie
cara, per rivederti.
le tue vane richieste,
Ingiusta sei. Ne chiamo
Va'. Se di me non curi,
gradisci il mio consiglio
Perché in rischio mi vedi,
Già un sinistro all'impresa
la lenta de' Sabini
un ostaggio sì grande
cerchisi... (S’incontrano Curzio ed Acronte e restano qualche istante immobili a guardarsi)
                     Curzio!
                                     Acronte!
                       Non m'inganno?
delle pigre ire vostre
gli oltraggiati Sabini
i più deboli siti
stimolo impaziente
ch'Ersilia a me negasti,
la dovuta vendetta
Ma sai qual ne sovrasta
celebrar de' Romani
con le nostre sabine
né men soffrirne; e senza
a liberar da questi
                Il solenne rito,
tenace, rispettosa,
Chi l'afferma? Onde il sai?
Tutta io pur or mirai
Ed era Ersilia anch'essa
di Roma alla ruina.
che meditai d'Ersilia,
E volontaria Ersilia
perfida, il tuo castigo
dal furor che mi muove,
Ma di Romolo, o Ersilia,
tutto il merto conosci?
dunque a noi non rimane
Romolo un'altra sposa.
Chi dispor di quel core
Io farmi debitrice
dalla illustre Valeria
Lo so. Per sua sventura
tanto indegno di lei.
                    Viene a momenti
Per Valeria finora
né finor t'ingannai.
D'un generoso amante
né so con quali accenti...
Ond'è che un tal mi regna
le temerarie ciglia;
tue ribelli compagne
d'Ersilia non si dona
a me la morte istessa,
vieni al mio sen. Detesto
               Io parto. Avverti
fido il disegno mio.
Misera me! Mancava
per or la sua presenza.
Non temer, principessa,
benché rigidi troppo,
però che non si chiami
che se gli dei, se il padre,
è pur qualche distanza
se dal ciel m'è negata,
che proferir vorrei,
E tace Ersilia e un guardo
non volge a me? Ma quando
Avvampi, ti scolori,
Purtroppo è ver; non giova
più celare a me stessa
l'austera Ersilia. È il primo
mi trovo, e non so come,
se alcun parla improvviso,
mi turbo, impallidisco,
Già che sì mal finora
ti difendesti, Ersilia,
serba almen la tua gloria,
d'un nuovo tuo periglio
per ora io vengo. È in Roma
io da lungi or rividi
le temerarie imprese
                             In Roma
Oh come, amata figlia,
il pensier ti consoli
che tu puoi di te stessa
Dove m'ascondo? Ah queste
che un genitore ammiri
t'applaudisca, t'onori,
Né tua ragion si scuote
ma di Romolo a fronte,
oh dio, non m'assicuro;
Dunque sarà l'amarlo
Del mio voler signora
                                 Io voglio
                       Potrebbe
forse Roma sperarti
fausta a' suoi voti e grata
di così bel pensiero
sposa del re di Roma
Grata io vi son; ma voi
che solo tu per gioco
di tempra assai diversa
del tuo real decoro,
Taci, Ostilio, e risparmia
Qual alma innamorata
No, d'Ersilia l'affanno
da quel labbro ascoltai...
pur trovato ricetto
Quel che ad Ersilia in fronte
miei fidi. Ah non si opprima
sempre, dovunque io sia.
Ma il valore è follia,
So qual saria la sorte
che a te destinerei,
che da saggio non è.
amante, ti compiango;
(Eccolo. La vittoria
al guerrier più sicuro
Signor, per brevi istanti (S’avanza con franchezza)
non far uso di questi
Ad implorare io vengo
del mio cor, del mio soglio,
(Costanza, Ersilia. A lui
Che di mia mano accetti,
il sai, d'essere amata.
E a questo segno, ingrata, (Con passione di sdegno e di tenerezza)
eccesso di tormento
Semplice! Ed io pur dianzi
l'involontario pianto
Come! Non m'ingannai? (Con sorpresa di piacere)
dunque è ver, dunque m'ami?
quanto han costato a lui
se a spiegarti io giungessi
faccia l'impeto alterno
Romolo, io ti farei
astro del nuovo impero;
sol che alfin si rinvenga,
nulla fia ch'io risparmi
popolar di guerrieri
Mal preparati il folle
Grazie, o nume dell'armi,
immortali sorgenti.
Eccola. Amata figlia,
atroce pugna. Ingombri
son da quel lato i campi
questo, che credi inciampo,
rendi a quell'alma oppressa;
i miei primi ho fidati
ma la maggior vi lascio
sugli amati sentieri
del mio stato più fiero,
Saper potessi almeno
se pur sai le vicende,
non lasciar ch'io le ignori.
             Già della pugna
il disperato Acronte
tra i feriti destrieri,
tra i cadenti guerrieri,
urtando i fuggitivi,
calcando i semivivi,
con insano ardimento
                      Il vedrai
le prime spoglie opime
                    Acronte a prova
corre a lui, lo solleva,
che il traditor furtivo
tenta ferirlo. Acceso
di chi l'omaggio ottiene
spettator, qual tu sei,
leggi per me. Ma sappi
s'io ti scoprissi in seno
Sparger così d'obblio
a momenti il tumulto.
Risparmia a maggior uopo,
Il crederesti? Ersilia
delle porte i custodi
trovò difeso il passo,
tentò la forza; il suo
palpitante e smarrita...
da' militari insulti,
il prence or si trattiene?
Non mi rispondi, o prence?
render altri felice,
d'Ersilia a me consenti,
che posso dir? Son figlia;
del tuo sesso all'onore,
Parla, guardami, o prence,

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