Signor, mai con più fasto
l'ombre e i silenzi; e Roma
e a non sdegnarlo apprese
rendesti al Tebro; e deve
che, più saggia d'ogni altro,
lasciò i campi e le ville
So già quant'aria ingombra
qual può sperarsi adulta,
quei doni istessi; e sappi
che fra gli acquisti miei
Cara, di te più degno (A Fulvia nell’uscire)
che non si svena al cielo
Tu pria d'Ezio all'affetto
ch'io soffra, ch'io lusinghi
Io d'ingannarti, o figlia,
non è il peggior de' mali
tu puoi svenarlo; o almeno
Che sento! E con qual fronte
prender consiglio. Intanto
Io, che son d'Ezio amico,
Signor, meglio d'ogni altro
ma sembra il trono istesso
Signor, quando fra l'armi
Vuo' che il mondo conosca
che, se premiarti appieno
s'unisca al tuo. D'affetto
chiede un re, chiede un trono;
Saria più grande il dono,
quando il soglio abbandona
quando in premio pretendo...
Fulvia, ti vuol sua sposa (A Fulvia)
Qual dritto, qual ragione
ch'io lo sopporti? O pure
Mostri, Fulvia, al sembiante
Anch'io, quando m'oltraggi
Via, per mio danno aduna,
rosseggia il nuovo giorno
Già di guerrieri e d'armi
tutto il soggiorno è cinto.
Vado a chiederlo io stesso. (In atto di partire s’incontra in Valentiniano)
(Ardir). Come! E potrebbe
arbitro è delle schiere...
se taccio, al giorno estremo
Ah, qual consiglio mai...
Se non lodo il suo fasto,
Che ad altri io voglia mai,
Purtroppo, o sorte infida,
al suo merto, al suo nome
la gloria... l'onor mio...
si trovi il reo. Potrebbe
Egli il saprà; ma intanto
Olà, qui si conduca (Esce una comparsa, la quale, ricevuto l’ordine, parte)
Ezio qui giunge. (Vedendo venire Ezio)
T'assidi al fianco mio. (A Fulvia)
(Stelle, che miro! In Fulvia (Nell’uscire, vedendo Fulvia, si ferma)
Solo un giudicio io chiedo
che godi alle sue pene...
ch'io t'amo a te diranno,
Qual ardir, qual baldanza!
per questa ogni vittoria.
Massimo, ferma. Io meglio
Questi del tuo germano (Mostrando le catene)
scopri la trama e appieno
che non possa incolparti,
Non è il peggior de' mali
Ezio, per quel ch'io vedo,
e se al mio fianco appresso
che un barbaro, che un empio,
(Che audace!) Ezio, fra noi
No, Fulvia; attendi prima
che gli commise il colpo,
s'era infido il mio sposo?
Ah! Che d'Onoria ai detti
dal mio sonno io mi desto.
Finché il reo non si trova,
Sol perché Onoria il dice?...
che il traditor m'è caro,
col pianto in su le ciglia
son queste ch'io respiro?
qua la colpa m'agghiaccia;
Che indegno! Egli la morte
Va' pur; forse il disegno
Ah traditori! Amico, (A Massimo)
che tu debba i tuoi giorni,