Metrica: interrogazione
492 settenari (recitativo) in Semiramide Q1 
Olà; sappia Tamiri
che i principi son pronti,
di già l'ora s'appressa,
Dall'Egitto in Assiria (Le guardie si ritirano indietro)
che la real Tamiri
l'ostinate contese
Sperai fra queste mura
in sì bel giorno accolta
principessa d'Egitto
Che ascolto! È teco Idreno?
nel tuo real soggiorno
del monarca numida.
                   La notte istessa
ch'io seco andai, nel Nilo
dalla pendente riva
Ma la cagione?
                             Oh dio!
co' pieghevoli salci
Qual fu poi la tua sorte?
Lungo fora il ridirti
spoglia e nome cangiai;
scorsi cittadi e selve;
fra tende e fra capanne
or felice, or meschina,
Finché il monarca assiro,
fosse merito o sorte,
E all'estinto tuo sposo
il legittimo erede
Nino, deve al tuo zelo
ch'io di te prendo all'ombra
Vengano. Al fianco mio, (Una guardia va sul ponte e accenna che vengano)
principessa, t'assidi
L'Egitto è il regno mio...
Del Caucaso natio (A Semiramide)
fin dal giogo selvoso
Ircano, a quel ch'io veggio,
                 Tacer tu dei.
Parli il prence d'Egitto.
non è il tuo merto ascoso
Or narra i pregi tuoi. (Ad Ircano)
e le cittadi e i tetti;
Quei pianti, quei sospiri
è l'indurar la vita
                Or siedi, Ircano. (Ircano va a sedere)
Qual arrivo funesto!)
            Prence, il tuo nome
dunque è Scitalce?
                                    Appunto.
                         (Qual richiesta!
                  (Io vengo meno).
Tu impallidisci, amico! (A Scitalce)
                 Perché mi vedo
Nino, tu avvampi in volto!
                 Così m'accendo
Fin dall'indico clima
Io... (Che dirò?) Se venni...
picciol merito è questo.
Ma veramente è quegli
(Nino, perché non chiedi
in quel volto fallace
(Son fuor di me). (Come sopra)
                                   (Spergiuro!)
Ircano, al nume, all'ara
seguir l'altrui costume;
(Qual asprezza!)
                                Si sceglie
oggi lo sposo o resta
ma un non so che...
                                     Sospendi
No; principi, v'attendo (Semiramide s’alza e seco tutti)
Ivi a mensa festiva
Che vidi! Che ascoltai! (Fra sé)
Semiramide vive!
Ma non l'uccisi io stesso?
Sprezzi o brami i miei lacci?
Perdonami, o Tamiri,
più confusa ti rendo.
Più che ad ogni altro spiace
Non curar di quel folle
il silenzio, i pensieri.
Godi di tua ventura
Che fai? Non ti rammenti
o limiti o dimore?
che tutto il tuo piacere
È ver, ma il tuo sembiante
e curioso il guardo
cangia, cangia desio
ti rinfaccia Tamiri
In questa guisa, Ircano,
l'erranti abitatrici
Qui la beltà d'un volto
rispettoso s'ammira;
si tace, si sospira,
si tollera, si pena;
l'amorosa catena
senza taccia d'audace
ciascuno a suo talento;
ama finché è diletto
O barbaro è il costume
ed un'alma fedele
Felice te, se puoi
sopra gli affetti tuoi
al par di me cadrai
Amico, in rivederti
Per Idreno in Egitto,
vari costumi appresi;
Ah non avessi mai
che ad agitarmi il petto
o somigliante o vera
tornar sugli occhi miei
Semiramide! Come?
il girar de' suoi sguardi
il cor che al noto aspetto
No, che bambino ei crebbe
né più di lei novella
Chi più di me dovrebbe
                         E dovea
meco fuggì ma poi
non lungi dalla reggia
Ma come ti salvasti
mi dileguai ma prima
del Nilo in su la sponda
Dunque di sua sventura
punirla con l'oblio?
Ma chi frenar può mai
Disperato, geloso,
della germana i torti
Ma non scoprir che Idreno
Ma tu scaccia dall'alma
oggi tranquillo il core
Chi sa! Forse il desio
             Un momento ancora
Signor, brama Scitalce
piacciati, o principessa,
or con me si palesa).
(Il rossor lo ritarda).
(Teme quel cor fallace).
Principe, tu non parli?
Signor, nel tuo sembiante
una donna incostante,
che in Egitto adorai,
Tanto simile a Nino
che sotto un'altra spoglia
Ah menzognera, ah ingrata,
anima senz'amore,
nata per mio rossore,
così meco ragiona?
Io m'ingannai. Perdona
uno sfogo innocente.
Se presente al tuo sguardo,
siccome è al tuo pensiero,
Dell'ingiuste querele,
forse le chiederesti;
(Questo di più! L'ingrata
questo mio core oppresso
                          Oh dio!
pietosa a' miei martiri
(Oh smania! Oh gelosia!)
Ella è la fiamma mia,
adoro il suo sembiante...
Perdonami s'io torno
Sudai finora invano
più non cercar. Ti basti (Come sopra)
saper che non si trova
perché si fa rivale
                           Tu sei
             Eh taci una volta,
se bramoso di quello
io turbo la tua pace.
quando fia che s'intenda
escono a mille a mille
ad impiagarmi i dardi.
Mancherà, se più tardi
a temprare il mio foco,
Sarà dunque Scitalce
Lo sia. Qual cura io prendo
e non parlo e non taccio;
Principi, i vostri affetti (Vedendo Ircano e Mirteo)
ditele i vostri affanni,
Non è sì vile Ircano.
l'importuno rivale
mora Scitalce e poi
Così mostri il rispetto
vergognoso vantaggio!
la sua caduta è certa,
qualunque usar mi piaccia
D'un indomito scita
meritar la sventura
la destra di Tamiri
privo dell'idol mio
in solitarie sponde
Ministri, al re sia noto (Parte una guardia)
che l'accortezza mia
che mai scoprir non possa
la sua voce, il mio scritto
Ov'è Tamiri? È questo
(Ah di costui lo sdegno
scompone il mio disegno!)
Alla sua sposa in braccio
             Per odio antico
dovrà, come è costume,
potrebbe al tuo furore?
Mi fiderò ma poi... (Ripone la spada)
Ecco il luogo, o Tamiri,
ove gli altrui sospiri
non s'introdusse mai
i tesori e le gemme
fiammeggia oltre il costume
Scitalce, al nuovo sposo
Ah se quello foss'io,
Come mai del tuo fato (A Scitalce)
chi mai ti rese umano?
se da senno o per gioco
Più non si tardi. Ognuno
la mensa onori e intanto
il momento funesto).
Compito è il cenno. (Sibari posa la sottocoppa con la tazza avanti a Semiramide e va a lato d’Ircano)
                                      Or prendi,
presenta a chi ti piace
l'eguaglianza de' merti,
se al talamo ed al trono
l'un o l'altro solleva.
(Io lo previdi).
                             Oh sorte!
(E deggio in faccia a lei
annodarmi a Tamiri?)
Egli è dubbioso ancora. (A Semiramide)
                         E Nino
Porgi a più degno oggetto
che al regno ti destina? (A Scitalce)
Qual cura hai tu, se accetta
o se rifiuta il dono? (Ad Ircano)
Lascialo in pace.
                                Io sono
non me, sé stesso offende;
l'offerta di mia mano
        Sì, con questo dono
Principe, tu non devi
Troppo il rispetto offendi
a Tamiri dovuto.
Vada la tazza a terra. (Getta la tazza)
E qual furore insano...
Dunque ridotta io sono (S’alza e seco tutti)
Forse per oltraggiarmi
è deforme a tal segno
Ei col primo rifiuto
a lui trafigga il petto;
(Il mio bene è in periglio
all'offesa Tamiri
Vengo e di tanto orgoglio
Io primiero al cimento
A vendicar Tamiri
sugli occhi miei Tamiri
Sibari, sia tuo peso
Ch'io ceda il brando mio?
Così comandi e parli
che fosse più fallace
No no; l'Arabo, il Moro
ha più idea di dovere;
(Conoscerai fra poco
Perché mi si contende
Ma tu l'ami o non l'ami?
Quante richieste! Alfine
qual core in seno ascondi.
Vedi quanto son io
Avranno i tuoi sospiri
Come goder mi lice
perché il mio cor non vedi.
Di Scitalce il rifiuto
de' tradimenti suoi
le mie speranze e questa
T'intendo, amor, mi vai
Quant'è facile mai
impensati accidenti
la fortuna nemica
Tutto ho tentato invano,
                           E dove?
che per non ber la morte
differenza non hanno
ubbidir non poss'io.
su l'Eufrate non hai
col soccorso de' tuoi
Parmi che a poco a poco
mentre cresce la notte
dell'Eufrate alle sponde
sollecito ti rendi.
Oh qual rossore avranno,
se m'arride il destino,
il valoroso Ircano
Prence, che rechi? È vinto (A Mirteo)
Il tuo pronto desio
È sprezzato e nol cura;
è offeso e non s'adira;
con legge e con misura
or piange ed or sospira;
e pure alla sua fede
                     Al nuovo giorno
a mio favor s'affanna.
Felice me, se un giorno
questa vendetta? Io voglio
Ubbidirò ma poi
è il tuo timore.
                             Oh dio!
Così avvezzo son io
sempre m'agita il petto...
Io tollerar non posso
con assidui lamenti,
con la fronte turbata
Tiranna, e qual tormento
di palesarti appena
tu sei fra tante e tante
E qual sul mio nemico
Signor, perché si tiene
ti chieda quell'altero
mostrar fuor del costume
La sua morte mi giova.
Tamiri, ascolta. Alfine
Anzi giusto, anzi amico
Sì sì. Del tuo delitto
vedergli al primo colpo
Veder più volte invano
la prigioniera mano
sforzar le sue catene
Inutilmente il labbro
veder con spessi moti
e alternamente il capo
a vacillare astretto
prima ch'affatto ei mora
A immagini sì fiere
oh qual pietade ho intesa!
                  Come imponesti
                 Vedi ch'io deggio
io ti dirò che in seno
vive del finto Nino
Mi perdoni! E qual fallo?
come mai non avesse
Che sento! E chi t'indusse
che svanì la tua frode,
che d'un tradito amante
se v'è giustizia in cielo,
luce degli occhi miei,
Ah se il mio labbro mente
di nuovo ingiustamente,
come già fece Idreno,
perfida m'ingannasti;
trionfane e ti basti;
Invero è un grand'inganno
a uno straniero in braccio
la patria, il genitore.
Io priego, egli m'insulta;
un tumulto d'affetti
Così fra i dubbi miei
Compagni, ora vi bramo
di grida femminili
faran que' pochi sciti
non arrise al disegno
a me ritorni avanti?
Ah codardo, quel sangue
Qual ingiusto desio?
Traditori, al mio sdegno (Di dentro)
A difender Tamiri (Sibari, veduto Mirteo, lascia l’attacco)
fra voi con le rapine
distrugga il ferro, il fuoco
e le navi e i guerrieri.
                               Assiri,
al re lo scita altero
Scoglio avvezzo agli oltraggi
Impazienti al piede
gli fremon le tempeste,
e pur di tutti a scorno
Il tradimento infame
ch'io primiero ascoltassi
cinto da quegl'infidi
Compreso il reo disegno,
pronto a ceder la vita
Ah prendi in questo amplesso
alcun merto non hanno.
Ecco un rival di meno
che col nome d'Idreno
quando tu pargoletto
Ah la pugna s'affretti,
Ove, o prence, ti guida
che da voi la sua cura
minacciata con fasto
Quell'ira ch'io destai
dal dubbio mi difende
ch'ei palesi il mio foglio;
e di lei che m'accende
So che questa lusinga
ma il rimorso a che giova?
Dopo un error commesso
tradimento intrapreso
Mirteo, dal tuo valore
S'ella i suoi torti oblia,
io mi rammento i miei;
Tu la pugna richiesta
Al popolo, alle squadre
Quand'è l'ingiuria atroce
Che vuol dir quello sdegno?
Chi lo destò? Son io
Oh dio! Per me pavento,
io non trovo al periglio.
Almeno in tanto affanno
Tu ancora a tormentarmi
in gran periglio, io temo
all'insolito sdegno
Sollecito riparo
Rendimi il brando e poi
                           Ascolta.
tutto calmar; la mano
Odi un momento e poi
col felice imeneo
più rivale in amore
se ben scoperta io sono,
Oh sarei pur felice
Che risolvi? Che dici?
s'altro a dir non ti resta.
Meglio si spieghi il labbro
Ma che vuoi ch'io risponda?
simulati pretesti
sempre in ira agli dei,
E questa è la mercede
che rendi a tanto amore
Tradita, disprezzata,
ferita, abbandonata,
mi scopro, ti perdono,
t'offro il talamo, il trono
e non basta a placarti
e a pietà non ti desti?
E ancor con tanto orgoglio...
Custodi olà, rendete
va' pur dove ti guida
E può con tanto fasto
Io non m'inganno, è questo
Ad altro amante in seno
de' suoi falli la prova
Ah si scacci dal petto
Prence, con chi t'adiri?
Alfin, bella Tamiri,
s'io ti credessi appieno,
di qualche ardor primiero
Chi diverso ti rese?
Nino fu che m'accese
la tua destra non stringo.
Or lo sdegno detesto,
que' spiriti codardi.
Mirteo, per quanto io tardi,
troppo sempre a tuo danno
No no; già tutto è in pace; (A Mirteo)
(S'impedisca il cimento,
Perdona, un'altra volta
così presto involarti?
quando porgi la mano...
Non poté la tua fede,
adoro altro sembiante;
Ecco con qual mercé
Tu quella destra, audace,
La morte io ricusai
Mentitor, chi non vede
                 Troppo m'irrita
solo a punir costui...
Ircano è il menzognero,
ei sa meglio ingannarti.
Principi, il cor guerriero
Ah le contrade assire
sol coi prieghi pretendo
prezzo di tanto dono
No, desio vendicarmi.
No, l'ira mi trasporta.
Mirteo, Scitalce, oh dio!
Fermatevi, che fate?
egli la mia germana
Io conosco Scitalce,
Nella reggia d'Egitto
                  Tu mi tradisci, (A Sibari)
Nol so, con questa mano
il petto le passai
s'ella fu, s'io son reo.
Ad altro amante in seno
solo esporti al periglio
di privarti di vita
e poi trovarsi unita
                                  Appieno,
tu di Scitalce amico
accusarlo, irritarmi,
perch'ei rimanga oppresso.
Come amico e nemico
solo ascoltar vogl'io.
Io pur con lei fuggendo
che mal noto fra l'ombre
vedendoti con lei
No; pria si chiami autore
Giacché perduto io sono,
Babilonia adornai;
coll'armi io dilatai
sotto spoglia fallace
dalla reggia vicina
porti sul trono il piè.
                    Sorgi e t'assolva (Porge la mano a Scitalce)
coll'idol mio sdegnato
D'ogni esempio maggiori,

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