Metrica: interrogazione
175 settenari (recitativo) in L'eroe cinese H 
Del real genitore (Prende la lettera)
i caratteri adoro,
                 Leggi, o germana,
senza dubbio ne reca
le novelle di pace
Ma la real tua mano
ch'è l'unico amor mio,
barbaro mi divide,
Odi, o Lisinga, e impara
or da lui mi scompagno;
Felice te che puoi
Da sì misero stato
il viver senza amarlo
ch'io perda anche il conforto
Leggi; qualunque sia,
mi sembrerà men dura
«Figlia, è già tutto in pace; (Legge)
del cinese diadema
del cinese diadema
Mancava a' miei timori
da' popoli ribelli
fin l'ultimo rampollo
il padre di Siveno
                 Perché avveleni
pur questo soglio; estinta
è Leango il sostegno,
quest'incognito erede
l'idea d'un nuovo amore...
Senti. (Minteo si rivolge e resta lontano) (Che dolce aspetto,
Da te lungi, idol mio,
quel modesto contegno,
troppo il tuo dal mio stato
in Minteo non ti spiace...
Non mi lusingo invano,
Minteo, dov'è il mio figlio?
eroe, compagno, amico,
protettor nella reggia,
difensor fra le schiere,
Ti rammenti chi fosti? (Con gravità)
Ed or, mercé l'amica (Turbato)
darti un'illustre prova
Ecco il dì che finora
dell'impero cinese
menti regolatrici
delle vicende umane,
pieni de' tuoi trofei,
               I duci, il Senato,
lo dimanda il periglio;
(Tu vorresti, o fortuna,
esser giudice e padre,
la lusinga e la frode
Il so. Tu mi spiegasti
di questo mare immenso
Di te degno a momenti,
così strane vicende...
E non sogno? Ed è vero?
Sì, del cinese impero
impeto... affetti miei...
Lasciami, caro amico, (Disperato)
Mostrati, allor che il perdi,
poca virtù bisogna
vedi involarmi, oh dio,
Sei degno, lo confesso,
là quando pria mi piacque,
di morir mi promise
conosci fra' mortali
uno al par di Siveno
Seppe il caso infelice?
quella man che mi diede,
Io non sono a tal segno
E qual altro riparo?
ritegni il mio martire,
a lagnarmi, a languire,
Ulania, ah tu del volto
trasportar lo potrebbe
che infante abbandonato
mi trovò, mi raccolse,
(Che grato, che sincero,
                          È ver ch'io posso
Ulania, e in questo stato (Affannata)
d'aiuto e di consiglio
bramo, ardisco, pavento,
dubbi così m'involvo,
Odimi. Io nel tuo caso
tutto in un foglio al padre
il mio cor scoprirei.
Ei t'ama e tu non dei
Sì, tu fa' che a me venga
Pria che torni il messaggio
parlagli; a tua richiesta
della richiesta mia
Ma dove è mai Siveno? (Impaziente)
Che ti disse? Che pensa?
si cerchi, si raggiunga,
               Lasciami sola; (Con isdegno)
Germana! Ah questo nome
la natura non diede
la mercé che mi dona!
perdona, Ulania amata;
Va', m'assisti, procura
il mio stato, il mio pianto.
Se perdo il mio Siveno,
Alfine, o principessa,
posso offrirti palesi
gli omaggi ch'io ti resi
Se dispor degl'imperi
ho disposto del mio.
che i Tartari sian giunti,
che tu versi dal ciglio,
hai destinato a lei
in cui render sicuro
E il trono è tuo retaggio.
Oh me felice! Ah sappia
Oh dio, piange Lisinga!
A consolarla io stesso
ammirati sul trono
che non v'è fra' viventi
quei che reggere in terra
senza di te? Tu solo
l'amor mio, la mia fede...
dell'impero cinese
ed Alsingo attendea
Giusto ciel, che m'avvenne!
Son Svenvango o Siveno?
Oggi... Ma tu non sei
                     Non ti disse
Qual fretta? Onde l'affanno?
scorgetela; e vegliate
Siveno, oh dei, qual nuovo
periglio or mi sovrasta!
tu d'un popolo armato
minacciata è la reggia;
il volgo contumace
custodiscon la reggia;
Ei per la via del fiume
che un'amabile sposa
la minaccia è svanita;
Olà, se ancor nel tempio
di questo, o principessa,
ch'ei del popol ribelle
a quel dolce sembiante,
fuggiam dal suo furore.
ardisti, o scellerato,
su le porte i ribelli,
l'imperial retaggio,
tu de' sudori miei
de' doni della sorte
Chi provò fra' mortali
con Siveno a momenti
ne uscì poc'anzi armato
così lasciar mi dei?
Ah Minteo, non è questa
dell'amor mio costante;
il confidar sé stesso
seguitemi, codardi, (Incamminandosi)
A sì barbaro colpo
di qual colpa è castigo
ricompro i giorni tuoi
qual novella io ti porto!
                 È vero. Ei giunse
non è più quel di pria;
dell'età mia cadente
delizia, onor, sostegno,
ecco in Minteo; son troppo
Chi vergò questo foglio?
«Popoli, il figlio mio (Legge)
queste tinte di sangue
quasi chiedendo aita,
nella tenera gola
mio genitor tu sei. (Mostrando le cicatrici della mano e della gola)
Ah tu m'involi, amico, (A Minteo)
un monarca sì degno. (Accennando Siveno)
Figli miei, cari figli, (Abbracciando or l’uno, or l’altro)
difesi il mio sovrano;

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